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Varsavia vs UE sullo “stato di diritto”: no attivisti LGBTQA+ nelle scuole

Varsavia e Budapest pongono il veto sulle conclusioni del Consiglio UE sulla giustizia rispetto alla strategia della Commissione sui diritti dell’infanzia.

“Resisteremo alle pressioni della lobby Lgbtq”, annuncia Judit Varga, ministra ungherese della Giustizia, aggiungendo: “Visto che alcuni Stati hanno insistito affinché gli attivisti Lgbtq venissero ammessi nelle nostre scuole, il collega polacco ed io siamo stati costretti a mettere il veto”.

La strategia promossa dalla Commissione europea prevede misure volte a contrastare il bullismo online per i giovani, porre fine alle mutilazioni genitali e a migliorare la libera circolazione della famiglie arcobaleno.

La ministra Varga afferma che il governo ungherese si impegna a garantire un elevato livello di protezione nei confronti dei diritti dei bambini. Eppure, non lasceranno mai che gli attivisti Lgbtq entrino nelle loro scuole.

Già a luglio le due città del gruppo Visegrad avevano ricevuto un monito da parte dell’Unione Europea. Hanno messo in discussioni i fondi del recovery fund, a causa delle sistematiche violazioni dei diritti della comunità arcobaleno.

Polexit? Si aggrava la frattura tra Varsavia e Bruxelles

Arriva il decreto della Corte Costituzionale polacca, guidata dalla giudice Julia Przylebska: alcuni articoli  dei Trattati dell’EU sono incompatibili con la Costituzione Polacca. Inoltre, stando alle dichiarazioni della giudice, le istituzioni della comunità “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”. 

La Commissione europea si dice preoccupata. Uno dei principi cardine dell’unione è proprio il fatto che la legge Ue abbia il primato su quella nazionale.

La decisione della Corte polacca ha stabilito che ogni decisione deve essere conforme alla costituzione della Polonia. Si tratta di un’azione giudiziaria mai intrapresa prima d’ora da nessun altro stato membro della comunità.

Si parla già di una possibile POL-EXIT: legalmente è una vera rivoluzione. La Corte Costituzionale non è ancora totalmente indipendente, ma si avvicina molto ad un’uscita giudiziaria dall’Ue.

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki si è comunque affrettato ad aggiungere che il desiderio della Polonia è di rimanere nell’Unione europea.

La richiesta è che l’Ue resti fuori dalla giustizia polacca e dalle questioni di vita pubblica del paese. 

Sarà questa dichiarazione sufficiente a placare Bruxelles? Probabilmente no.

Chiara Casagrande

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