Scienza

Preoccupazione per il virus sincinziale, diffuso tra i neonati: di cosa si tratta?

Come se la preoccupazione per il Covid-19 non bastasse, arriva una nuova infezione alle vie respiratorie a preoccupare il paese: il virus colpisce i neonati.

I reparti pediatrici e quelli di terapia intensiva sono pieni di bimbi piccolissimi ricoverati in gravi condizioni. Il virus, infatti, provoca pericolose bronchioliti e polmoniti.

Al momento, secondo gli ultimi dati, ci sarebbero 16 neonati ricoverati all’ospedale di Padova, di cui 4 in rianimazione. Al Policlinico Umberto I di Roma, invece, ci sono 10 bimbi, di cui 2 con meno di un mese di vita, in terapia intensiva.

Fabio Midulla, presidente della Società italiana per le malattie respiratorie infantili (SIMRI), afferma che: “Un’epidemia arrivata con 2 mesi di anticipo”.

Stando a quanto sostiene Midulla, professore ordinario di Pediatria all’università Sapienza e responsabile del Pronto soccorso pediatrico del Policlinico di Roma, la gravità del virus dipende molto dall’età dei pazienti.

Nel caso di neonati e bimbi nei primi mesi di vita, si rischiano gravi forme di bronchiolite, mentre i bambini più grandi e gli adulti se la cavano con sintomi lievi, come rinofaringite, febbre o tosse.

Perché il virus è in anticipo e ci spaventa?

Non è la presenza stessa del virus a sorprendere gli esperti: il problema è che, solitamente, l’infezione sinciziale si manifesta intorno ai mesi di Dicembre-Gennaio, non a fine Ottobre.

Grazie alle misure anti-Covid, per circa un anno e mezzo, il virus non è circolato: lavare spesso le mani, distanziamento sociale e utilizzo di mascherine hanno protetto i neonati.

Ora, invece, che le misure sono state allentate e i bambini sono tornati a scuola, il virus ha ripreso a circolare. Se i neonati stanno a casa, i fratellini no: in questo modo, l’infezione si è diffusa in modo estremamente rapido, facendo registrare casi gravi.

Al momento, non esiste un vaccino contro il RSV, Virus Respiratorio Sinciziale, ma “ci sono tre sperimentazioni in fase III di vaccini per le mamme e terapie con anticorpi monoclonali, indicati però solo per bimbi prematuri e particolarmente fragili, quali i cardiopatici”.

Il dott. Midulla, continua comunque a sostenere il fatto che la soluzione migliore, per ora, sia la prevenzione.

Chiara Casagrande

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