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Ravenna si mobilita: studenti internazionali in piazza pro DDL ZAN

“Il Senato affossa il DDL ZAN: l’Italia si mobilita”. Nell’ultima settimana, migliaia di italiani sono scesi in piazza per protestare contro la decisione del Senato di bocciare il disegno di legge che tutela dai crimini d’odio.

Milano, Torino, Palermo, Chieti, Firenze, Cagliari. Le strade gremite di gente con bandiere arcobaleno e cartelli di denuncia sociale e politica. “Il Senato se la ride mentre l’odio uccide”, recitano alcuni slogan.

Lo scorso 27 ottobre, in una fiumana di scroscianti applausi, dopo l’approvazione del voto segreto da parte della Presidente del Senato Alberti Casellati Vien Dal Mar, “la politica boccia la possibilità di essere se stessi”.

FDI e Lega hanno chiesto la cosiddetta “tagliola“: saltato l’esame di articoli ed emendamenti del DDL ZAN e l’iter si blocca. 154 voti a favore, 133 contrari e 2 astenuti. Questi i numeri che costano il diritto di tutela da parte dello Stato.

Ieri, sabato 6 novembre, mobilitata dalla sezione locale Arcigay, anche piazza Kennedy si è fatta sentire: Ravenna non ci sta.

Città universitaria dell’Emilia-Romagna e sede di uno dei campus dislocati dell’università Alma Mater di Bologna, Ravenna accoglie ogni anno innumerevoli studenti internazionali. 

C’erano anche loro, ieri pomeriggio, a protestare per la legge di un paese che li sta solo ospitando, che non è “casa vera“. O magari, dopotutto, lo è, visto l’entusiasmo con cui si sono mobilitati. Ne abbiamo intervistati alcuni, di seguito le loro opinioni in merito.

Perché un internazionale combatte per l’Italia?

I diritti fondamentali, sanciti dalla UDHR, sono, per definizione, universali e inalienabili. L’ONU è inequivocabilmente chiaro in merito: articoli 1, 2 e 3 non lasciano spazio a troppe interpretazioni.

Tra i presenti in piazza, abbiamo intervistato alcuni studenti internazionali iscritti ad un corso magistrale dell’Alma Mater, quello in – indovinate un po’? – cooperazione internazionale per i diritti umani.

“Visto che non parli bene l’italiano e non sei al corrente di tutte le dinamiche e le legislazioni questo Paese, come ti informi? Di quali notizie ti fidi?

Sicurante la lingua è un grande ostacolo per me. Capisco l’italiano, ma non riesco ad esprimermi fluentemente. Ho notato che le istituzioni pubbliche e l’università, per motivi di neutralità politica, non condividono molte informazioni in merito. Uso i social media, gli articoli di giornale, mi confronto con i miei compagni di corso, ascolto anche le chiacchiere al bar! Per ora, però, le discussioni con i miei colleghi sono state la fonte più importante: è un dialogo aperto e con pazienza mi hanno spiegato quello che non capivo”.

“Perché eri in piazza ieri? Perché combatti per un paese che non è il tuo?

Non è una questione di Paese o di confini. Quello che importa è il contenuto della questione, l’obiettivo della battaglia in sé. Combatto per l’idea, non per lo Stato. Questo è il punto focale della cooperazione internazionale: ci si mobilita punto. Non è molto diverso da quanto successo per il movimento BLM o per la situazione corrente in Afghanistan“.

Credi che serva a qualcosa scendere in piazza? Ti senti accolt* in Italia?”

Ci sono stati dei momenti in cui ho avvertito un po’ di diffidenza nei miei confronti, ma non significa che sia così ovunque. Amo Ravenna, ma non è casa mia. Questo però non significa che non possa metterci del mio! Manifestare è importante, serve a mettere pressione, a chiamare in causa la classe dirigente. Non possono ignorarci per sempre. Avrei fatto lo stesso anche nella mia città d’origine”.

Che sia questa una lezione da imparare? Diceva De Andrè ne La Canzone del Maggio: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”.

Chiara Casagrande

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