Il colosso francese della grande distribuzione cede 106 sedi: a rischio circa 1800 persone. I sindacati sul piede di guerra.
Il mercato del lavoro italiano viene travolto da una nuova vertenza, che riguarda 106 delle sedi Carrefour nel nostro paese, in Lombardia, Valle D’Aosta, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sardegna.
Secondo le dichiarazioni ufficiali della catena di ipermercati, si tratterebbe di una “riorganizzazione strutturale mirata all’investimento in Italia”.
Il piano, per recuperare circa 31 milioni di euro, prevederebbe un possibile taglio fino a 770 dipendenti; i sindacati, però, stigmatizzano la compagnia francese. La situazione sarebbe ben più grave.
Secondo un’analisi dettagliata del piano di azione, considerata la cessione dei 106 punti vendita, infatti, i sindacati ritengono che gli esuberi potrebbero arrivare a coinvolgere ben 1800 lavoratori.
Ufficialmente, però, Carrefour ha dichiarato di non voler ricorrere ai licenziamenti per l’attuazione del piano imprenditoriale.
Si dice colto di sorpresa il segretario generale Paolo Andreani: «un fulmine a ciel sereno, non ci aspettavamo certo l’annuncio della quinta ristrutturazione in 10 anni e l’ennesima riduzione di personale».
Aggiunge poi: «la multinazionale accelera sul franchising, rivede il piano industriale del 2019 e penalizza l’occupazione, con la conseguenza di avere fino a 1.800 esuberi e la cessione di 100 negozi».
Considerati i dati raccolti, che riportano l’occupazione di 16.000 dipendenti nel 2020, il taglio del personale avrebbe un’incidenza diretta del 10% sull’organico.
L’azione di recupero è stata definita dai sindacati come un «piano lacrime e sangue»; «un disegno di ristrutturazione fra i più pesanti della storia più recente della multinazionale in Italia», continua la Fisascat-Cisl.
«Carrefour licenzia centinaia di lavoratrici e lavoratori per ridurre i costi dopo aver praticato scelte commerciali sbagliate. La multinazionale non è più credibile nelle relazioni sindacali» dichiara infine la Uiltucs.
C’è la paura che a pagare siano di nuovo le donne: “dopo i carichi familiari e i disagi nel lavoro in pandemia si aggiunge oggi la beffa della ricerca del profitto a tutti i costi della multinazionale francese”.
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