Esteri

La Bestia in Spagna è socialista: il caso dei bot del PSOE su Twitter

In Italia quando si parla di uso e abuso dei social network in politica, il pensiero corre subito alla Bestia di Matteo Salvini e Luca Morisi (Lega).  Ovvero, la vasta strategia di social media management che avrebbe consentito al leader leghista di rendere virali i suoi post e mettere insieme un seguito online da record. L’obiettivo di queste operazioni di solito è influenzare la discussione virtuale, in modo da favorire una parte politica. La destra in Italia, la sinistra in Spagna.

Una recente inchiesta del quotidiano spagnolo El País, infatti, ha svelato l’esistenza su Twitter di una rete pro-socialisti. Si tratterebbe di una ventina di account, forse bot o più probabilmente gestiti manualmente da una o più persone, che da dicembre 2019 a oggi hanno pubblicato circa 200mila post. La maggior parte di questi sono retweet di post di Pedro Sánchez, capo dell’attuale governo socialista spagnolo, o commenti che elogiano lo stesso Sánchez o il Partito Socialista (PSOE). L’intenzione era quella di dare l’impressione di avere molti utnti che la pensavano allo stesso modo.

Può sembrare un’operazione di piccole dimensioni, ma su Twitter anche pochi account possono influenzare la discussione. Secondo i dati di El Pais, infatti, un 25% di utenti molto attivi produce il 97% dei contenuti.

Parallelamente all’adulazione di Sanchez, la rete conduceva anche una campagna contro il centrodestra spagnolo del Partido Popular (PP) e alcuni giornalisti. Ad esempio, il leader del PP, Pablo Casado, era oggetto di un’onda di commenti negativi, da “vile” a “corrotto” e altri.

A differenza della Bestia leghista, tuttavia, questa Bestia socialista sembra un’iniziativa privata, di uno o più accaniti sostenitori del PSOE. Il partito socialista spagnolo, infatti, ha negato ogni responsabilità, dichiarando di essere all’oscuro di tutto. Al momento non ci sono prove che lascino ipotizzare il contrario. In ogni caso, Twitter ha sospeso tutti gli account segnalati dall’inchiesta.

Sara Bichicchi

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