Esteri

I Talebani per i diritti delle done: no ai matrimoni forzati

Il leader supremo dei Talebani lancia un appello al proprio governo in Afghanistan: «bisogna adottare misure serie per far rispettare i diritti delle donne».

Dopo i recenti avvenimenti degli ultimi mesi, la notizia di una presa di posizione da parte dei Talebani in favore dei diritti delle donne arriva con non poca sorpresa.

Il mullah Haibatullah Akhundzada, nel decreto in cui ordina ai governatori e ai tribunali del Paese di opporsi alla pratica estremamente diffusa dei matrimoni forzati, dichiara: «Nessuno può costringere una donna a sposarsi».

Le nuove direttive, però, no si limitano al consenso obbligatori della futura sposa, ma riguardano i diritti delle donne all’interno dell’istituzione matrimoniale in senso lato.

Nelle specifico, viene riconosciuto il diritto alle vedove di «determinare il proprio futuro e a non contrarre necessariamente nuovo matrimonio» insieme a quello di ottenere una quota dell’eredità e della proprietà di marito, figli, padre e parenti.

Il leader si rivolge anche agli uomini che hanno più di una moglie, obbligandoli a riconoscere loro i diritti e mantenere la giustizia tra le mogli.

I Talebani contro i matrimoni forzati

Il Mullah sferra un deciso attacco e critica aspramente la pratica di dare giovani donne in matrimonio al fine di stipulare accordi tra famiglie o per porre fine a faide che vanno avanti da generazioni.

Il suo appello si rivolge direttamente ai ministeri della Cultura e dell’Informazione, con lo scopo di «fermare la regressione in corso», tramite la pubblicazione di articoli sui diritti delle donne.

Un uomo afghano è addirittura stato arrestato nel Nord del Paese, con l’accusa di aver adescato 130 donne con la promessa di trovare loro marito. In realtà, le avrebbe praticamente ridotte in schiavitù, per poi venderle.

La dichiarazione del nuovo governo viene accolta dai paesi occidentali con non poca diffidenza; Samira Hamidi, responsabile della campagna in corso di Amnesty International a favore delle donne afghane, definisce la trovata di Haibatullah Akhundzada come “una mossa di marketing”.

 

Chiara Casagrande

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