Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) il consumo di tabacco negli adulti è la principale causa della morte di circa 8 milioni di persone ogni anno. Più di 1.2 milioni tra questi sono fumatori di ‘seconda mano’ – entrati in contatto con il fumo per inalazione passiva – e circa 65mila sono bambini.
Nonostante il numero dei fumatori sia diminuito, ovviamente in relazione all’aumento demografico, nel corso degli ultimi 30 anni – passando da circa 1 miliardo nel 1990 a circa 1.14 miliardi nel 2019 – si stima che il consumo di tabacco sia ancora la causa principale di numerose malattie quali cancro, infarto e disturbi ostruttivo del funzionamento polmonare.
A sostegno di questi studi è stato elargito dalla stessa OECD un grafico che possa rappresentare in maniera ottimale la situazione, andando ad analizzare il numero di fumatori paese per paese.
Come si può vedere in questa tabella il paese che ha registrato i più alti tassi di consumo di tabacco è la Turchia, con un primato di oltre 25%, seguita dall’Indonesia al 27.6% e dalla Russia al 25.8%. Paesi come Costa Rico, Messico, Islanda e Norvegia invece riescono a mantenere un punteggio relativamente basso (intorno al 10%) insieme a Brasile e India.
Interessante evidenziare come in quasi la totalità dei paesi – ad eccezione di Islanda, Norvegia e Svezia – la percentuale di fumatori uomini sia di gran lunga superiore a quella delle donne. In media nei paesi OECD si può constatare un distacco di circa l’8% – 20.6% di fumatori uomini a fronte di 12.8% fra le donne. I risultati più importanti di fumatori uomini si riscontrano in Indonesia (54.4%), Russia (43.2%), Cina (41.5%) e Turchia (41.3%), mentre per le donne Ungheria, Cile e Francia (tutti e tre intorno al 20%).
Nel complesso il consumo del tabacco appare essere diminuito nella quasi totalità dei paesi appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e o sviluppo economico, passando da una media di 21.3% nel 2009 ad un punteggio di 16.5% nel 2019.
Il paese nel quale questa diminuzione ha avuto impatto maggiore è senza dubbio la Norvegia (-12%) seguita dall’Irlanda (-10%), Corea (-9.2%) e Estonia (-8.3%).
Inoltre risulta interessante fare una considerazione riguardante la recente pandemia di COVID-19 che ha avuto conseguenze a livello globale. In questo caso infatti si è assistito ad un approccio discontinuo nell’influenzare i numeri dei fumatori nei vari paesi. Alcuni consumatori hanno utilizzato il periodo di quarantena per cercare di condurre uno stile di vita più salutare e smettere quindi definitivamente di fumare. Altri invece, reduci da stress, ansia e noia accumulati, hanno visto nel tabacco una valvola di sfogo con la quale sopperire a tali disagi.
Sicuramente un primo grande passo potrebbe essere quello di aumentare le tasse che circondano il mondo della vendita del tabacco, scoraggiando i consumatori ad acquistare il prodotto.
Un lavoro significativo è stato recentemente attuato nell’inserimento di grafiche sui pacchetti di sigarette che potessero disincentivare l’acquisto avendo posto l’accento sulle conseguenze dannose per la salute dei fumatori.
Consapevolezza dei rischi, educazione sugli usi e limitazione delle informazioni fuorvianti sono le parole chiave che possono permettere un miglioramento delle percentuali fino ad ora analizzate.
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