Green Book ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi una delle pellicole più famose del cinema statunitense. Vincitore di tre premi Oscar – tra cui Miglior film, Miglior attore non protagonista (Mahershala Ali) e Miglior sceneggiatura originale (Peter Farrelly, Nick Vallelonga, Brian Currie), è un cult di comicità e drama che riesce intelligentemente a proporre una tematica vista e rivista senza mai risultare scontato.
Il regista Peter Farrelly – il cui nome non ci è nuovo grazie ai celebri “Scemo e più scemo” e “Tutti pazzi per Mary” – ha da sempre improntato i suoi lavori sulla base di una comedy profonda e riflessiva, obiettivo che con Green Book colpisce direttamente nel segno.
Il titolo rimanda alla Negro Motorist Green Book – scritta da Victor Hugo Green nel 1936 – una guida per viaggiatori afroamericani che presentava informazioni sui servizi nei quali sarebbero stati ben accolti per evitare situazioni spiacevoli nel contesto razziale dell’America del primo Novecento.
Uscito nelle sale nel 2018, il bestseller di genere drammatico narra la storia del pianista afroamericano Don Shirley il quale, per poter intraprendere un tour nel sud degli Stati Uniti – luogo nel quale era ancora in vigore la segregazione razziale – è costretto a farsi accompagnare da un ex buttafuori di nome Tony Vallelonga.
Tony Lip Vallelongaè un buttafuori italo-americano che a seguito della chiusura del locale nel quale lavorava è costretto a reinventarsi per poter sostentare la sua famiglia. Rozzo, dai modi sgarbati e con poco interesse per la musica. A ricoprire tale ruolo è l’attore Viggo Mortensen, italofono e per questo facilitato nell’immedesimazione nel personaggio.
Donald Shirley invece è uno dei pianisti più famosi d’America. Di origine sudamericana, Don decide – in un periodo storico nel quale essere nero viene visto come uno svantaggio – di intraprendere ugualmente un tour del Sud degli Stati Uniti, dal Tennessee al Mississippi. Con la consapevolezza però che la segregazione razziale è una realtà ancora tristemente radicata, decide allora di ingaggiare un autista e compagno di viaggio che possa accompagnarlo e proteggerlo in ogni situazione. Per questo personaggio venne scelto l’attore Mahershala Alì, già premio Oscar nella pellicola Moonlight.
L’intera narrazione si focalizza sul rapporto fra i due uomini e sulla costruzione della loro amicizia on the road nella New York del 1962.. Appartenenti a mondi diametralmente opposti, Don e Tony iniziano questo lungo viaggio con una certa diffidenza, scoprendo man mano che i pregiudizi lasceranno spazio ad una grande stima reciproca.
Il fil rouge che determina la totalità del film è caratterizzato da un’innumerevole quantità di situazioni sgradevoli dovuti all’appartenenza etnica del pianista, spesso vittima di episodi di odio razziale in un contesto come quello statunitense degli anni sessanta.
Nonostante il film si ispiri ad una storia vera però, come accade in molti casi la gran parte dei fatti narrati è stata dal regista ampiamente romanzata. A tal proposito non sono mancate le polemiche da parte della famiglia Shirley, la quale ha preso le distanze dalla rappresentazione estraniata che viene data del pianista nei confronti della comunità afroamericana e dei suoi parenti. La discussione dilagò a tal punto da definire lo stesso Green Book una ‘sinfonia di bugie’, portando l’accento sul rapporto apparentemente non così amichevole che nella storia vera si era instaurato tra Don e il suo autista.
Di certo tra realtà e finzione cinematografica rimane un abisso, ma non si può negare che Green Book incarni una delle storie d’amicizia meglio rappresentate sugli schermi dell’ultimo secolo.
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