In Sudan si parla di guerra civile, che succede?
Sabato 15 aprile la rivalità politica tra i due generali ai vertici del Consiglio Sovrano è sfociata in scontri e violenze.
I due uomini in questione sono Abdel-Fattah al-Burhan, attuale presidente, e Mohamed Hamdan Dagalo, vicepresidente filorusso.
Gli scontri, inizialmente concentrati solo nella capitale Khartoum, si sono poi estesi anche in altre città seminando il panico in Sudan.
I combattimenti vedono da un lato i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (Rfs, Rapid Support Forces) guidati dal vicepresidente Dagalo e dall’altra parte l’esercito regolare, sotto il comando del presidente al-Burhan. I due eserciti stanno letteralmente distruggendo il paese tra incursioni, sparatorie, raid aerei e mobilitazioni di blindati.
Dagalo e al-Burhan si conoscono dai tempi della guerra in Darfur. Al-Burhan fu il comandante del conflitto e Dagalo combatteva con i sanguinosi janjaweed. Le Rfs sono un’evoluzione dei janjweed, conosciuti come i “diavoli a cavallo”, che combattevano a fianco dell’ex presidente al Bashir per reprimere i ribelli del Darfur nei primi anni 2000.
Nel 2019 i due si allearono contro l’ex presidente al Bashir, deposto nel 2019 con un colpo di stato e insieme diedero vita nel 2021 all’alleanza militare del Consiglio Sovrano.
L’equilibrio precario tra i due è iniziato a traballare nel 2022. L’esercito governativo aveva acconsentito a riprendere la via della democratizzazione che i due leader avevano bloccato anni prima. Si chiedeva però che le Rsf venissero integrate nell’esercito in un periodo massimo di due anni per formare un unico corpo militare, idea che non è mai piaciuta particolarmente a Degalo. Fu quest’ultimo infatti a proporre un piano di integrazione dei due eserciti più lento, che sarebbe potuto durare fino a 10 anni.
Da quel momento l’unione tra i due è diventata una lotta per il potere, con tanto di accuse reciproche che si sono trasformate negli ultimi giorni in scontri armati.
Sono passati ormai 10 giorni dall’inizio dei combattimenti e le conseguenze sulla popolazione sono disastrose.
L’ufficio umanitario delle Nazioni Unite ha lanciato un allarme riguardo la situazione che i cittadini stanno vivendo in Sudan. “Dopo 10 giorni di combattimenti, la carenza di cibo, acqua, medicinali e carburante sta diventando estremamente acuta, specialmente a Khartoum e nelle aree circostanti”, dichiara l’Ocha.
I prezzi dei beni di necessità sono aumentati notevolmente e inizia a scarseggiare il denaro contante.
È allarme anche per i rifugiati: fino a 270.000 le persone che potrebbero fuggire verso il Ciad e il Sud Sudan. Nel Ciad sono già arrivati 20.000 rifugiati e la rappresentate dell’Agenzia delle Nazioni Unite prevede che possano arrivare fino a 100.000.
Dagalo e al-Burhan avevano concordato una tregua di tre giorni a partire dalla mezzanotte fra il 24 e il 25 aprile. Tregua che sarebbe stata violata dall’esercito questo pomeriggio, fa sapere il gruppo paramilitare delle Rfs. L’annuncio però non è stato ancora confermato da fonti indipendenti.
Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso noto che i combattenti hanno occupato un laboratorio pubblico centrale che contiene campioni di malattie, tra cui la polio e il morbillo, creando una situazione “estremamente, estremamente pericolosa”.
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