Circola su Reddit un’immagine che mostra i paesi in cui si sono tenuti, fino ad oggi, più referendum.
Tra questi non genera stupore che la Russia si trovi in fondo la classifica, con solo sette referendum nella sua storia, stesso numero della Turchia. Ma numeri bassi si leggono anche per paesi maggiormente a tradizione democratica come il Portogallo, con 5 referendum, Repubblica Ceca con solo 1 e Inghilterra che ne conta 3, l’ultimo dei quali era stato promosso per sostenere la Brexit e ha quindi determinato l’uscita dall’EU.
La svizzera si afferma al primo posto, con il numero straordinario di 669 referendum, seguita dall’Italia che ne conta 77.
Ma come è possibile che solo in Europa esista una distanza così marcata da un paese a un altro?
Oggi la maggior parte delle democrazie sono rappresentative: i cittadini aventi diritto al voto di eleggono i propri rappresentanti in Parlamento o negli enti locali o territoriali (Comuni e Regioni). In questo modo, delegano a terzi il potere di varare leggi che incideranno sulle loro posizioni soggettive. Questo spiega perché la democrazia rappresentativa viene talvolta definita democrazia indiretta.
La democrazia diretta invece è una forma di governo democratica nella quale i cittadini possono, senza alcuna intermediazione o rappresentanza politica, esercitare direttamente il potere legislativo.
La Svizzera, ad esempio, definita il tallone aureo della democrazia diretta, secondo la definizione data da David Altman, è una di queste. Ciò vuol dire che, come in tutti i paesi democratici, i cittadini eleggono i propri rappresentanti ma essi partecipano direttamente al processo decisionale in una sorta di fusione tra i due modelli.
In Svizzera infatti il popolo può bloccare una legge o una modifica della costituzione decisa dal parlamento tramite referendum o un’iniziativa popolare.
Altri strumenti di democrazia diretta, oltre il referendum, sono:
C’è chi sostiene che sia un bene che i cittadini siano i veri protagonisti di decisioni concrete e possano scrivere loro stessi le “regole del gioco”, per evitare di dare ragione alla parole di Mussolini quando diceva che “il popolo è sovrano solo quando vota“, come in una sorta di “democrazia recitativa”, secondo le parole di Gentile.
In un suo recente libro ha infatti affermato: “Oggi sembra che l’ombra dell’ipocrisia democratica si vada estendendo con la rappresentazione scenografica di una democrazia recitativa, che ha per palcoscenico lo Stato, come attori protagonisti i governanti, e come comparsa occasionale il popolo sovrano, che entra sul palco solo per la scena delle elezioni, mentre per il resto del tempo assiste allo spettacolo come pubblico. La democrazia recitativa sembra essere l’esito prossimo della crisi della sovranità popolare“.
D’altro lato c’è chi sostiene la sostanziale inefficacia, rischio o pericolosità della democrazia diretta col rischio elevato di populismo in un mondo in cui la gestione stessa dello Stato risulta alquanto complessa dal punto di vista amministrativo, burocratico e finanziario tale da richiedere un politico di professione con relativo staff tecnico alle spalle.
Prendendo spunto da Norberto Bobbio che scriveva: “Nulla uccide più la democrazia che l’eccesso di democrazia“, Francesco Pallante afferma: “Lungi dall’essere la cura per la crisi istituzionale in atto, la democrazia diretta rischia di incarnarne la fase più acuta e conclusiva. È tirannia della maggioranza, dominio della folla”.
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