Sabrina Di Girolamo, madre di due bambine e parrucchiera, aveva 36 anni quando, il 22 Agosto del 2017, decise di raggiungere l’Azienda ospedaliera di Verona per sottoporsi a un importante intervento chirurgico.
La donna doveva infatti farsi rimuovere un tumore benigno alla testa, in termini tecnici un “neurinoma dell’acustico delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore”.
Le avevano detto che sarebbe stata “una semplice operazione di routine” ma drammaticamente qualcosa va storto e la donne esce dalla sala operatoria con gli arti paralizzati.
Sabrina, in un’intervista al Corriere della Sera, racconta sconfortata quel triste giorno: “Avevo solo 36 anni, due figlie da crescere e tanti sogni. In questo maledetto giorno mi hanno tolto tutto. Mai e poi mai riuscirò ad elaborare questa nuova realtà. Il sorriso è per le persone che mi vogliono bene. Le lacrime le ho nel cuore ogni momento di questa maledetta vita”.
Ebbene quel giorno davvero le cambiò la vita: era divenuta tetraplegica.
La tetraplegia comporta una paralisi del torso e di tutti e quattro gli arti per questo chi ne soffre non può vivere senza un’assistenza quotidiana in quanto quasi totalmente non-autosufficiente negli spostamenti, nell’alimentazione, nel vestirsi e nell’espletare i bisogni fisiologici.
Proprio per tale perdita di autonomia, divenire tetraplegici ha delle conseguenze devastanti sul benessere psicologico e emotivo del paziente.
“Hanno fatto morire la Sabrina di prima. Sempre sorridente, attiva. Facevo di tutto per le mie bambine. Ora sono diventate ragazze senza che nemmeno me ne accorgessi. In questi anni sono riuscita ad andare avanti per loro e cercherò di farlo perché sono la mia vita. Per la mia famiglia, che mi sopporta e supporta in ogni momento. Per le mie amiche, che ci sono sempre”, dichiara Sabrina.
Le dinamiche dell’incidente
Ma come ha fatto una semplice operazione di routine ha trasformarsi in un incubo?
Secondo le ricostruzioni i danni sarebbero stati causati da un errore di uno specializzando che, lasciato solo dal neurochirurgo, avrebbe sbagliato la manovra di posizionamento della paziente, causandole un trauma celebrale che l’avrebbe resa tetraplegica.
Il giudice del tribunale di Verona Luigi Pagliuca, nel pronunciamento della condanna emessa in primo grado in sede civile scrisse: “La craniectomia retro mastoidea destra prevedeva la collocazione, in anestesia totale della paziente, in posizione semi seduta, con fissaggio della testa su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra. In quella posizione avrebbe dovuto permanere per tutta la durata dell’intervento. Gli accertamenti, però, evidenziavano immediatamente la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema, attribuibile alla manovra di posizionamento scorrettamente eseguita. Questo, ha provocato il trauma che avrebbe poi determinato l’attuale condizione di tetraplegia”.
Essendo dotato di un’autonomia vincolata e di conseguenza di una responsabilità ridotta, lo specializzando non fu considerato legalmente colpevole ma tale fu il neurochirurgo in quanto responsabile dell’intervento, unitamente all’Ausl e alle assicurazioni.
Il processo si è poi concluso con un patteggiamento in base a cui Sabrina è titolare di un credito pari a circa 1 milione e 600 mila euro, cifra che, seppur alta, non potrà mai effettivamente compensare la sua eterna sofferenza.
“Nessuna cifra mi risarcirà di tutto il dolore e l’immane sofferenza. Tuttavia i soldi mi servono per curarmi, viste le tante e costose terapie a cui sono costretta costantemente a sottopormi”, conclude la donna.