La castrazione chimica e chirurgica come punizione sta per diventare addirittura legge dello Stato in Paesi come il Madagascar. Per questo motivo, l’isola africana si è trovata di recente nel mirino di accesi dibattiti di carattere internazionale. Il Madagascar si è posto a sostegno delle vittime di violenza sessuale e si è schierato, quindi, contro coloro che sono responsabili di episodi di stupro sui minori.
La castrazione chimica è un tipo di terapia farmacologica che mira a ridurre gli ormoni sessuali, minimizzando, allo stesso tempo, anche gli istinti sessuali, oltre che la funzionalità. Il disegno di legge malgascio, visionato dalla France Presse, applica delle casistiche a seconda dell’età delle vittime: castrazione chirurgica per “gli autori di stupri commessi sui bambini di età inferiore ai 10 anni”; castrazione chimica o chirurgica per gli stupratori di bambini tra i 10 e i 13 anni e solamente quella chimica per i violentatori di minorenni tra i 13 e i 18 anni.
Il progetto di legge, presentato all’organo legislativo malgascio il 24 gennaio 2024, è già stato approvato da entrambe le Camere: in data 2 febbraio 2024, dall’Assemblea Nazionale e, in data 7 febbraio 2024, dal Senato. Prima della fase della firma da parte del presidente del Madagascar Andry Rajoelina, il suddetto disegno di legge, atto a modificare il codice penale, dovrà superare poi il vaglio della Corte costituzionale.
L’ONG Amnesty International, attraverso il suo direttore regionale per l’Africa orientale e meridionale, Tigere Chagutah, ha già dichiarato la sua ferma opposizione a tale legge, ritenendola “crudele, inumana e degradante”.
L’organizzazione evidenzia anche come in Madagascar i casi di stupro restino largamente non segnalati e i colpevoli spesso evitino la condanna a causa della paura delle vittime e delle loro famiglie di ritorsioni e stigmatizzazione. In più, la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario è un dato di fatto. Amnesty afferma che l’introduzione della castrazione chimica e chirurgica non risolverà queste problematiche intrinseche e contraddice le disposizioni costituzionali malgasce contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.
La risposta di Amnesty International invita a una riflessione critica sui meccanismi più adeguati per lottare contro la violenza sessuale, suggerendo che misure così barbare possano non essere la soluzione più efficace.
Di altro parere invece è Jessica Lolonirina Nivoseheno, portavoce del movimento Women Break the Silence, poiché è convinta che la castrazione possa risultare un “deterrente” contro una “cultura dello stupro” tipica dell’isola, dove molte vicende “vengono risolte amichevolmente all’interno della famiglia”.
I malgasci non sono i primi al mondo a confrontarsi su questo tema. In Europa ad esempio sono 13 i Paesi che applicano la castrazione chimica, con differenze da Paese a Paese, che impongono paletti ad esempio sull’età del condannato. In Italia, invece, il dibattito è ancora aperto, grazie ad alcune figure politiche che spesse volte hanno invocato la castrazione chimica come pena.
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