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Che fine ha fatto la mantide della Brianza? La storia di Tiziana Morandi

La “mantide della Brianza” è un soprannome dato a Tiziana Morandi. Il soprannome “mantide della Brianza” fa riferimento alla mantide religiosa, un insetto noto per la sua apparente crudeltà, e alla regione della Brianza in Lombardia, dove si sono verificati gli eventi.

Nell’estate del 2021, a Busnago in Brianza, un ragazzo disabile denuncia ai Carabinieri una donna per aver drogato e rapinato il suo anziano padre. Questa denuncia dà il via a un’indagine che porta all’arresto di Tiziana Morandi, 47 anni, conosciuta come “la Mantide della Brianza”.

Secondo l’accusa, la donna, spacciandosi per massaggiatrice su Facebook, attirava numerosi uomini a casa sua, dove li stordiva con un potente sonnifero per poi derubarli. L’imputata si dichiara innocente, sostenendo di essere una persona ingenua che ha sempre fatto del bene.

La donna è stata condannata a 16 anni e 5 mesi ed è accusata di 21 reati, tra cui rapina, lesioni, detenzione di sostanze stupefacenti, utilizzo improprio di carte di credito e procurato stato di incapacità.

Tiziana Morandi ha agito con determinazione fredda quando ha narcotizzato e derubato almeno nove uomini conosciuti tramite chat. Secondo i giudici del tribunale di Monza, la sua tendenza criminale seriale rappresenta un segno di pericolosità sociale estremamente marcata, evidenziata dalla sua calma imperturbabile nel commettere gravi crimini.

Giovani, anziani o di mezza età: tutti cadevano in un sonno profondo senza ricordi dopo aver accettato bevande in cui Tiziana Morandi nascostamente versava dosi di benzodiazepina, sempre seguendo lo stesso modus operandi. Mentre le vittime erano incoscienti, venivano derubate di piccole somme di denaro, oggetti personali o della carta di credito con cui la Morandi faceva acquisti per sé.

Oltre alla condanna, il tribunale ha ordinato che Tiziana Morandi sia sottoposta a tre anni di libertà vigilata come misura di sicurezza aggiuntiva, basata sulla sua persistente propensione al crimine e sulla mancanza di segni di redenzione o pentimento durante il processo.

Raffaella Lionetto

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