Esteri

Cosa significa il blocco del compenso da 56 miliardi di Elon Musk per Tesla e il mondo degli affari?

La giustizia annulla il pacchetto da 56 miliardi per Elon Musk, contestando conflitti di interesse; Tesla e Musk annunciano il ricorso.

Il pacchetto retributivo da 56 miliardi di dollari destinato a Elon Musk, approvato dagli azionisti di Tesla nel 2018, è stato respinto nuovamente dalla giustizia statunitense.

La decisione, presa dalla giudice Kathaleen St. J. McCormick della Corte della Cancelleria del Delaware, conferma le preoccupazioni sui conflitti di interesse legati al processo di approvazione del compenso. Nonostante un recente voto favorevole degli azionisti, il piano è stato giudicato non valido.

Le origini del pacchetto retributivo

Nel 2018, Tesla aveva strutturato un piano retributivo straordinario per Musk: un pacchetto di compensi legato al raggiungimento di una serie di obiettivi ambiziosi, che avrebbero portato la società a traguardi finanziari senza precedenti.

Questo piano avrebbe fatto guadagnare a Musk una cifra astronomica se tutte le tappe fossero state completate con successo, consolidandolo come il dirigente più pagato del pianeta.

Tuttavia, gli azionisti critici hanno ritenuto il pacchetto eccessivo e problematico, sostenendo che fosse stato approvato in un contesto che favoriva Musk e minava la trasparenza.

La controversia è approdata in tribunale, e la giudice McCormick ha inizialmente annullato il piano nel 2023, decisione ribadita con fermezza nel 2024.

Un voto inutile?

Nel tentativo di invertire la situazione, Tesla ha indetto a giugno un nuovo voto tra gli azionisti, accompagnato dall’avvertimento che Musk avrebbe potuto abbandonare il suo ruolo di CEO se il pacchetto non fosse stato ripristinato. Gli azionisti hanno dato il loro sostegno, ma la giudice ha respinto il voto come irrilevante.

La sua sentenza afferma che non esistono “motivi procedurali per capovolgere l’esito di una decisione post-processo sfavorevole basata su prove create dopo il processo.” Inoltre, definisce come “generalmente dubbie e indiscutibilmente false” le affermazioni secondo cui gli azionisti possano ribaltare una sentenza giudiziaria in queste circostanze.

Conseguenze legali e finanziarie

Il caso però non si chiude qui: Musk e Tesla hanno già annunciato che presenteranno ricorso. Nel frattempo, la giudice McCormick ha stabilito un compenso di 345 milioni di dollari agli avvocati che rappresentano gli azionisti che hanno contestato il pacchetto. Questa somma riflette l’enorme complessità e importanza della causa legale.

Pur senza il pacchetto retributivo, Musk continua a detenere il titolo di uomo più ricco del mondo. La sua fortuna, sostenuta dalla continua crescita delle azioni Tesla e dalle sue altre imprese, rimane infatti intatta.

Paradossalmente, la disputa legale non sembra aver influenzato negativamente neanche Tesla: le azioni della società continuano a registrare performance straordinarie, alimentate anche da fattori esterni come la recente vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi.

Implicazioni più ampie

Il caso solleva interrogativi su temi cruciali nel mondo degli affari: quali sono i limiti etici e pratici delle retribuzioni per i dirigenti? La sentenza rappresenta un raro caso in cui la giustizia si oppone a pacchetti retributivi giganteschi approvati dagli azionisti, mettendo in discussione il processo decisionale in contesti dominati da figure influenti come Musk.

La questione riguarda anche il ruolo degli azionisti: possono davvero intervenire per modificare decisioni legali o contrattuali? La risposta, almeno in questo caso, sembra essere negativa; la giudice ha infatti chiarito che la giustizia non può essere aggirata attraverso azioni ex post, come il voto per ribaltare una sentenza.

Cosa significa per il futuro di Tesla e di Musk?

Nonostante il clamore mediatico e le battaglie legali, Musk rimane una figura chiave per Tesla. Il suo ruolo di visionario e leader carismatico è considerato indispensabile per l’azienda.

Tuttavia, questo episodio potrebbe avere un impatto sulle future trattative retributive e sulle aspettative degli azionisti.

Barbara Soehner

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