68 giornalisti morti nel 2024: un terzo di loro vittime di Israele, lo dicono i dati dell’UNESCO

Nel 2024, 68 giornalisti uccisi evidenziano i rischi crescenti per la stampa nei conflitti globali, con Palestina la zona più pericolosa.

Il 2024 segna un tragico capitolo per la libertà di stampa, con 68 giornalisti e operatori dei media uccisi nell’esercizio della loro professione. Secondo i dati forniti dall’UNESCO e da Reporters sans frontières (RSF), la maggior parte di queste morti è avvenuta in paesi in conflitto, con una concentrazione senza precedenti negli ultimi dieci anni.

La Palestina, in particolare, si conferma il luogo più pericoloso per la stampa, con 18 giornalisti caduti, molti dei quali colpiti dalle forze armate israeliane.

La realtà nei paesi in conflitto

Dei 42 giornalisti uccisi nei conflitti, oltre alla Palestina, spiccano altre aree di crisi come Ucraina e Colombia, con quattro vittime ciascuna.

Anche Iraq, Libano, Myanmar e Sudan registrano tre vittime per ciascun paese, mentre singoli casi si sono verificati in Siria, Chad, Somalia e Repubblica Democratica del Congo. Questa tendenza sottolinea una continuità allarmante rispetto al 2023, in due anni, le perdite tra i giornalisti nei conflitti superano quelle registrate nel periodo 2016-2017.

Un leggero miglioramento in tempi di pace

Nonostante la gravità della situazione nei paesi in conflitto, il numero complessivo di giornalisti uccisi (68) mostra un calo rispetto ai 74 del 2023 e agli 88 del 2022.

Questo calo è dovuto principalmente a una significativa riduzione delle morti in paesi non in conflitto, dove 26 giornalisti hanno perso la vita, il numero più basso degli ultimi 16 anni. Questa diminuzione rappresenta un possibile progresso nella protezione della stampa in contesti di pace, in particolare in America Latina e nei Caraibi, dove i decessi sono scesi da 43 nel 2022 a 12 nel 2024.

Minacce crescenti e nuovi rischi

Se da un lato il calo delle morti in tempo di pace lascia intravedere una speranza, dall’altro emergono nuove minacce contro la libertà di stampa.

L’UNESCO ha recentemente denunciato l’aumento dell’uso di leggi finanziarie per censurare i giornalisti e ha segnalato una crescita del 42% degli attacchi contro chi si occupa di tematiche ambientali.

La professione giornalistica è quindi sotto attacco non solo nelle aree di conflitto, ma anche in contesti apparentemente stabili.

L’impegno dell’UNESCO e il richiamo alla comunità internazionale

Di fronte a questi dati drammatici, l’UNESCO rinnova il suo appello affinché i governi garantiscano la sicurezza degli operatori dei media.

L’organizzazione, che coordina il Piano d’Azione delle Nazioni Unite sulla Sicurezza dei Giornalisti, condanna ogni uccisione e segue attentamente le indagini sui responsabili, evidenziando l’importanza di combattere l’impunità.

Attraverso iniziative come la Giornata Internazionale per Mettere Fine all’Impunibilità dei Crimini contro i Giornalisti (2 novembre) e la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa (3 maggio), l’UNESCO punta a sensibilizzare l’opinione pubblica globale.

La libertà di stampa come diritto fondamentale

Il bilancio del 2024 è un doloroso promemoria dell’importanza del lavoro giornalistico e dei rischi ad esso connessi. Come affermato dalla Direttrice Generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, “È inaccettabile che i giornalisti debbano pagare con la vita per garantire informazioni affidabili in situazioni di conflitto”.

Solo un impegno collettivo della comunità internazionale, guidato da valori di giustizia e rispetto del diritto internazionale, potrà garantire che la stampa continui a svolgere il suo ruolo fondamentale, senza che chi la esercita debba temere per la propria vita.

Dietro ogni statistica si nascondono vite spezzate e storie di coraggio. Proteggere i giornalisti non significa solo tutelare le loro vite, ma salvaguardare il diritto fondamentale di tutti i cittadini a essere informati.