Chi è Filippo Blengino e cosa ha fatto per dimostrare che il nuovo codice della strada non salva vite

Filippo Blengino, segretario dei Radicali Italiani, sfida il nuovo Codice della Strada con una trasgressione civile contro norme ingiuste.

Io mi voglio autodenunciare, sto violando il codice della strada“, inizia così, nel video pubblicato sui suoi profili social, Filippo Blengino, il segretario dei Radicali Italiani.

Blengino ha recentemente sfidato il nuovo Codice della Strada voluto dal ministro Matteo Salvini con un gesto di forte impatto, fumando cannabis e passate 24 ore dal consumo si è messo alla guida per poi autodenunciarsi.

La sua azione, che lo ha portato a subire la revoca della patente e a rischiare una pena fino a un anno di carcere e una multa di 6.000 euro, non è stata un atto sconsiderato, bensì un esempio di disobbedienza civile studiato per evidenziare le problematiche di una normativa che egli considera ingiusta e incostituzionale.

La normativa contestata

Il nuovo Codice della Strada prevede il ritiro immediato della patente per chi risulti positivo a test per sostanze stupefacenti, indipendentemente dal fatto che al momento della guida sia o meno in stato di alterazione psicofisica. Secondo Blengino, questa legge trasforma un illecito amministrativo in un reato penale, punendo indiscriminatamente anche chi è perfettamente lucido.

Infatti i test utilizzati per rilevare la presenza di sostanze come la cannabis possono risultare positivi anche a giorni di distanza dal consumo, quando ormai non c’è alcuna influenza sulla capacità di guida.

Blengino ha sottolineato che questa norma punisce chi, come lui, non rappresenta alcun pericolo per la sicurezza stradale, equiparandolo ingiustamente a chi guida sotto l’effetto di alcol o droghe.

Le conseguenze della protesta

Dopo essersi recato di persona a denunciare la sua azione alle autorità, Blengino è stato portato in caserma e poi sottoposto a controlli in ospedale. Come previsto dalla riforma, la sua patente è stata immediatamente revocata. Ora dovrà affrontare un processo penale in cui rischia una pena severa.

Nonostante le conseguenze personali, Blengino considera il suo gesto necessario per portare l’attenzione pubblica su una legge “insensata e liberticida”. La sua azione si inserisce in una tradizione di lotte per i diritti civili tipica del movimento Radicale, che utilizza la disobbedienza civile come strumento per sfidare norme che considera ingiuste.

Il messaggio politico

Secondo Blengino, il nuovo Codice della Strada non salva vite, ma al contrario calpesta la libertà individuale e la razionalità giuridica. Punire chi risulta positivo ai test, senza prove di effettiva alterazione, significa confondere la prevenzione con la repressione indiscriminata. Questa visione è condivisa anche dal presidente dei Radicali Italiani, Matteo Hallissey, che ha definito l’articolo 187 del Codice della Strada privo di fondamento giuridico.

Blengino ha dichiarato che continuerà a combattere questa normativa fino a quando non sarà dichiarata incostituzionale. Per lui, non si tratta solo di contestare una legge specifica, ma di difendere un principio più ampio, in cui la giustizia non può prescindere dal rispetto della libertà e della dignità delle persone.

La mobilitazione dei Radicali

La protesta di Blengino non è un caso isolato, ma parte di una più ampia campagna condotta dai Radicali Italiani. Attraverso ulteriori atti di disobbedienza civile e azioni legali, il movimento intende portare la questione nelle aule dei tribunali e nel dibattito pubblico.

L’obiettivo è dimostrare che l’attuale normativa non solo è inefficace nel prevenire incidenti stradali, ma viola anche i principi costituzionali di proporzionalità e ragionevolezza.

Blengino e Hallissey hanno annunciato che non si fermeranno fino a quando non sarà garantita una revisione della legge.

Un esempio di resistenza civile

Il gesto di Blengino rappresenta un esempio significativo di resistenza civile contro quella che viene percepita come un’ingiustizia legislativa. La sua azione ha già attirato l’attenzione di media e opinione pubblica, contribuendo a sollevare un dibattito sulle modalità con cui lo Stato regola la sicurezza stradale e tutela la libertà individuale.

In un contesto politico in cui la repressione tende a prevalere sulla prevenzione, Blengino ha scelto di mettere in gioco la propria libertà personale per difendere un principio. La sua protesta, indipendentemente dalle conseguenze, è destinata a lasciare un segno nella lotta per i diritti civili in Italia.