Un omaggio a Gabriele Basilico, maestro della fotografia d’architettura, e al suo sguardo unico sulle città e le loro trasformazioni.
Gabriele Basilico, uno dei più grandi maestri della fotografia italiana, è il protagonista del documentario Basilico – L’infinito è là in fondo, diretto da Stefano Santamato.
L’opera ripercorre le tappe della sua straordinaria carriera, dalla formazione in architettura alla consacrazione come fotografo d’architettura e paesaggio urbano. A undici anni dalla sua scomparsa, il film offre una riflessione profonda sulla capacità di Basilico di catturare non solo le trasformazioni degli spazi urbani, ma anche la complessità del rapporto tra uomo e città.
Nato a Milano nel 1944, Basilico si laureò in Architettura nel 1973. Questo background influenzò radicalmente il suo approccio alla fotografia, trasformandolo in un “misuratore di spazi” attraverso l’obiettivo.
Le sue immagini, celebri per il rigore documentaristico e la sensibilità artistica, raccontano l’essenza delle città, non solo come costruzioni, ma come organismi viventi, plasmati dalla storia e dalla società.
Dal reportage giovanile ai “Ritratti di Fabbriche”
Il documentario si apre con un viaggio nei primi passi di Basilico nel mondo della fotografia. Durante gli anni ’70, spinto dall’impegno politico e sociale, si dedicò al reportage, catturando le contraddizioni e le tensioni della società. Ma fu Milano, la sua città natale, a rivelargli una nuova prospettiva: gli angoli nascosti, le fabbriche abbandonate e gli edifici industriali dimenticati diventarono per lui soggetti d’arte.
È proprio con Ritratti di Fabbriche (1981) che Basilico iniziò a definire il suo stile unico, documentando la trasformazione del paesaggio industriale milanese con un approccio metodico e riflessivo. Da quel momento, le città di tutto il mondo diventarono i protagonisti delle sue esplorazioni fotografiche.
Il legame viscerale con le città
Attraverso le testimonianze di personalità come Stefano Boeri, Oliviero Toscani e Roberta Valtorta, il documentario mette in luce il profondo legame emotivo e intellettuale che Basilico aveva con le città. Per lui, ogni centro urbano era un microcosmo di eccellenza e mediocrità, centro e periferia, in continua evoluzione.
“La città mi investe, la città mi abita,” scriveva Basilico, sintetizzando la sua visione quasi simbiotica del rapporto tra uomo e spazio costruito.
Il suo lavoro per la Mission Photographique de la DATAR nel 1984, unico fotografo italiano coinvolto nel progetto, è emblematico di questa visione. Le sue fotografie documentano le trasformazioni dei paesaggi contemporanei con uno stile rigoroso e senza compromessi, che trascende il semplice atto del fotografare per diventare un’indagine sociale e culturale.
Racconti personali e lati nascosti
Oltre al lato professionale, il documentario svela aspetti inediti e personali della vita di Basilico, grazie anche alla voce narrante di Giovanna Calvenzi, sua compagna di vita e photo editor.
Scopriamo, ad esempio, un Basilico più intimo e giocoso, con le sue incursioni nei night club milanesi per fotografare artisti en travesti nei loro camerini o i momenti di dubbio durante la missione a Beirut nel 1991, dove si sentiva inadatto a testimoniare la devastazione causata dai bombardamenti.
Questi dettagli umani, raccolti attraverso interviste e materiali d’archivio, mostrano un artista in continua ricerca, capace di mettere in discussione sé stesso per migliorare il proprio linguaggio espressivo.
L’omaggio dei giovani fotografi
Un elemento innovativo del documentario è rappresentato dall’omaggio di cinque giovani fotografi, guidati dal maestro Toni Thorimbert. Attraverso le loro opere, realizzate nello studio di Basilico, rivivono le atmosfere e le tematiche delle sue fotografie.
Questi scatti, attualizzati con uno sguardo contemporaneo, offrono un dialogo tra generazioni e ribadiscono l’eredità duratura di Basilico nel mondo della fotografia.
Un racconto visivo senza tempo
Pur concentrandosi principalmente su Milano, Basilico – L’infinito è là in fondo riesce a rappresentare con grande efficacia la poetica e la profondità del lavoro di Gabriele Basilico. Il documentario, uscito il 13 febbraio 2024, è una celebrazione della sua arte e del suo modo unico di raccontare le città, non come semplici scenari, ma come protagoniste.
Le sue fotografie, rigorose e poetiche, continuano a parlare della nostra società, dei cambiamenti che attraversano gli spazi urbani e del nostro rapporto con essi. Come emerge dal film, Basilico non si limitava a documentare la realtà, ma la trasformava in un linguaggio universale, capace di parlare a chiunque osservi con attenzione.