Oro nascosto tra i rifiuti: l’Urban Mining trasforma le Città in miniere del futuro

Nuova strategia emergente: l’Urban Mining recupera materiali preziosi da edifici, infrastrutture e dispositivi tecnologici obsoleti.

E se vi dicessimo che le nostre città sono piene d’oro (e non solo)? Ebbene, questa “miniera” urbana rappresenta una fonte nascosta di metalli preziosi e altri materiali di valore che, altrimenti, sarebbero destinati a diventare rifiuti. Il concetto si basa sull’idea che le città, spesso considerate come epicentri di consumo e produzione di rifiuti, possano invece trasformarsi in riserve preziose di risorse recuperabili.

Secondo l’UN Global E-waste Monitor, solo nel 2022, sono stati scartati rifiuti elettronici contenenti risorse per un valore stimato di 62 miliardi di dollari. Questi rifiuti includono metalli come oro, rame e litio, che spesso presentano concentrazioni superiori rispetto alle miniere tradizionali. Ad esempio, uno studio condotto a Vienna ha evidenziato che nella città sono presenti circa 4.500 kg di ferro, 340 kg di alluminio, 200 kg di rame, 40 kg di zinco e 210 kg di piombo: una vera e propria miniera nascosta tra le strade e gli edifici urbani.

Urban Mining, una soluzione alla scarsità di risorse

L’estrazione mineraria urbana si configura come una risposta sostenibile non solo per la gestione dei rifiuti, ma anche per affrontare la crescente scarsità di risorse naturali. Metalli come acciaio, zinco, alluminio e cobalto possono essere estratti dai rifiuti attraverso processi chimici e meccanici, riducendo la necessità di estrarre nuove risorse. Le città, così, si trasformano in luoghi di opportunità, dove i rifiuti diventano fonti di materiali essenziali per la produzione industriale.

Ma andiamo a vedere qual è la situazione legata all’Urban Mining, continente per continente.

Europa: L’Unione Europea è tra le regioni più attive nel promuovere l’Urban Mining. Ogni anno, l’Europa produce tra 450 e 500 milioni di tonnellate  di rifiuti da costruzione e demolizione, che rappresentano più di un terzo del totale dei rifiuti. La Commissione europea ha fissato obiettivi ambiziosi per riciclare almeno il 70% di questi rifiuti entro il 2030, riducendo così la dipendenza dalle materie prime vergini.

Asia: La regione asiatica, grande produttrice di dispositivi elettronici, sta iniziando a focalizzarsi sul riciclo dei rifiuti elettronici. Tuttavia, solo il 12% dell’e-waste viene recuperato, con variazioni significative tra i paesi. Mentre l’Asia orientale recupera il 20%, altre regioni si fermano a percentuali molto più basse. Cina, Giappone e Corea del Sud stanno emergendo come leader nell’implementazione di sistemi di recupero e riciclo.

Africa: Anche il continente africano sta iniziando a riconoscere il valore delle risorse nei rifiuti urbani. Iniziative come la Dichiarazione di Nairobi sui rifiuti elettronici e la Piattaforma di Abuja indicano un crescente impegno nel trovare soluzioni locali per gestire i rifiuti tecnologici.

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) prevede che la domanda globale di materiali raddoppierà entro il 2060, passando da 89 miliardi di tonnellate nel 2019 a 167 miliardi di tonnellate. Entro il 2030, si stima che il mondo produrrà circa 82 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, sottolineando l’urgenza di migliorare la gestione dei materiali e promuovere l’Urban Mining come soluzione sostenibile.