La Gen-Z ha sentimenti contrastanti nei confronti di alcune emoji: vediamo l’emblematico caso del pollice in su.
L’utilizzo delle emoji è ormai consolidato su ogni piattaforma social e di messaggistica come parte integrante della comunicazione abituale. Quotidianamente, ne vengono inviate almeno 10 miliardi a partire dalla 3.600 esistenti, allo scopo di esprimere e veicolare qualsiasi concetto partorito dalla nostra mente.
Attualmente, gli individui appartenenti alla Generazione Z (nati tra il 1990 e il 2010) sostengono che a certe “faccine” si possano attribuire precisi significati, molto spesso non positivamente connotati.
Analizzando il caso dell’emoji del pollice in su, un sondaggio condotto qualche tempo or sono su Reddit (sito Internet dove gli utenti possono interagire tra di loro attraverso forum o la pubblicazione di contenuti) mostra come una piccola porzione di Millennials (nati all’inizio degli anni ‘80 e alla fine ai primi degli anni 2000), ma soprattutto la maggior parte degli appartenenti alla Gen-Z giudichino l’emoji in questione come l’espressione di un comportamento passivo-aggressivo.
Riceverla come risposta provoca nel destinatario sentimenti di ansia, insoddisfazione e preoccupazione. Potrebbe essere intesa come una reazione “fredda” a ciò che viene espresso, insinuando l’idea che la persona dall’altra parte dello schermo provi risentimento, indifferenza o ostilità nei nostri confronti.
Su Reddit, la maggioranza degli utenti si trova d’accordo con questa affermazione, mentre altri sostengono che non ci sia nulla di male nell’utilizzarla e che si tratti solamente di un’interpretazione errata di un semplice messaggio virtuale. Dopotutto, l’origine del pollice alzato si fa risalire agli antichi Romani e stava ad indicare l’apprezzamento durante le lotte nelle arene tra gladiatori, per decretare il destino degli sconfitti.
Solamente in alcune culture, come in Africa occidentale o in Grecia, Russia ed Iran essa assume invece un significato negativo.
Secondo il parere degli esperti, nella nostra cultura digitale viene assegnato uno sproporzionato peso a gesti di norma considerati comuni e quasi banali: un like ad un post sui social, un commento sotto ad un foto, l’utilizzo di un’emoji al posto di qualche riga di testo…
La Generazione-Z è stata immersa fin dagli albori nell’universo della tecnologia, impregnando di significati collaterali semplici faccine, come nel caso del thumbs up. Si tratta di una ipersensibilizzazione e di un’attribuzione anomala di senso nei confronti di uno stile di comunicazione che va oltre il singolo linguaggio verbale. Secondo il linguista e studioso della comunicazione digitale Vyvyan Evans, l’utilizzo del pollice in su ha subito un processo di “sazietà semantica”: il frequente utilizzo dell’emoji ha portato alla saturazione del suo significato originale, con l’attribuzione di quell’accezione passiva-aggressiva che viene percepita oggi.
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