Ritrovati i manoscritti perduti di Céline: risolto il mistero che ha tenuto la letteratura in sospeso per un secolo

Dopo 75 anni emergono le carte che lo scrittore credeva irrimediabilmente perdute, tra cui Londra, appena pubblicato in Italia

La storia dei manoscritti ritrovati di Louis-Ferdinand Céline sembra uscita da un romanzo, con il suo intreccio di fughe improvvise, saccheggi, segreti custoditi per decenni e scontri giudiziari. Nel 1944, mentre le truppe alleate entravano a Parigi e l’occupazione nazista volgeva al termine, Céline fuggì precipitosamente dalla città, lasciando dietro di sé migliaia di fogli nel suo appartamento di Montmartre. Erano pagine di romanzi in corso d’opera, appunti, stesure intere. Nel caos della liberazione l’abitazione fu saccheggiata e le carte scomparvero.

Lo scrittore non smise mai di piangere quella perdita, ripetendo ossessivamente di essere stato privato del cuore della sua opera. Fino alla morte nel 1961, il ricordo di quei fogli smarriti rimase per lui una ferita aperta. Ottant’anni dopo, la verità è emersa: quelle carte non erano perdute, ma conservate in attesa di tornare alla luce.

Dalla storia del recupero dei manoscritti di Céline alla pubblicazione di Londra

Jean-Pierre Thibaudat, critico teatrale che per anni lavorò a Libération. Fu lui a rivelare di aver ricevuto, da un donatore rimasto anonimo, diversi sacchi pieni di fogli attribuiti a Céline. Le condizioni poste da chi glieli consegnò furono molto chiare: nessuna diffusione fino alla morte di Lucette Destouches, vedova dello scrittore. Così i manoscritti rimasero nascosti per oltre quindici anni, ordinati e trascritti con pazienza, ma mai resi pubblici.

Questa lunga custodia segreta non è stata esente da critiche. In molti si sono chiesti se fosse giusto sottrarre così a lungo alla ricerca e al dibattito accademico un patrimonio letterario di tale importanza. Thibaudat si è difeso spiegando di aver rispettato la volontà del donatore, il quale non desiderava “arricchire la moglie di uno scrittore fascista”, e che la promessa fatta era un vincolo etico prima ancora che giuridico. Una giustificazione che ha aperto nuove riflessioni sull’eredità politica e morale di Céline, scrittore di genio ma anche compromesso dal collaborazionismo e dall’antisemitismo.

Il momento della rivelazione, avvenuto solo dopo la morte di Lucette nel 2019, non fu privo di conseguenze legali. Gli eredi ufficiali dello scrittore – l’avvocato François Gibault e Véronique Chovin, legata alla famiglia – denunciarono Thibaudat per ricettazione. La polizia sequestrò i manoscritti, trattandoli come un corpo del reato: i fogli furono messi sotto sigillo, inventariati con procedure da archivio giudiziario e per un periodo rimasero bloccati, sospesi tra la letteratura e la legge. Solo successivamente furono restituiti e consegnati agli aventi diritto, aprendo la strada alla loro pubblicazione.

Oggi, dopo anni di attesa e di polemiche, il recupero si è tradotto in fatti concreti. Migliaia di pagine sono state finalmente messe in ordine e avviate alla stampa. La più imponente tra queste, Londra, è ora arrivata in libreria anche in Italia, pubblicata da Adelphi. Con le sue oltre mille pagine manoscritte, il romanzo testimonia la potenza visionaria della scrittura céliniana e rappresenta una sorta di risarcimento simbolico: le stesse pagine che Céline aveva pianto come perdute per sempre tornano finalmente accessibili al pubblico, colmando un vuoto che per decenni si credeva incolmabile.

La vicenda del ritrovamento non si limita dunque a restituire dei testi mancanti, ma mostra come la letteratura sia sempre intrecciata con la storia concreta dei suoi oggetti materiali. In questo caso, i manoscritti di Céline non sono soltanto testimonianze letterarie, ma anche tracce fisiche di un secolo attraversato da guerre, ideologie e contraddizioni. Il loro percorso, fatto di saccheggi, nascondigli, sigilli e pubblicazioni, ricorda quanto fragile possa essere la memoria culturale, e quanto complesso sia il lavoro di restituirla intatta alle generazioni future.