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Cos’è la precettazione: significato, legge e perché Salvini minaccia di usarla contro lo sciopero per Gaza

Cosa significa davvero “precettazione” e perché lo sciopero per Gaza ha riportato questa parola al centro della politica italiana

Nelle ultime ore il ministro dei trasporti e vicepremier Matteo Salvini ha evocato l’ipotesi di ricorrere alla precettazione in vista dello sciopero proclamato per domani, 3 ottobre. Secondo il Mit, la Commissione di Garanzia ha già chiarito che la motivazione addotta dai sindacati non rientra nei casi che giustificano il mancato preavviso. Salvini ha parlato della necessità di impedire che “una minoranza irresponsabile possa danneggiare milioni di italiani”.

La precettazione è un provvedimento amministrativo straordinario con cui l’autorità competente impone il termine o la modifica di uno sciopero. La sua disciplina è contenuta nella legge n. 146 del 1990, modificata dalla legge n. 83 del 2000. Può essere adottata quando esiste un pericolo grave e imminente per i diritti costituzionalmente tutelati – salute, sicurezza, libertà di circolazione – che rischiano di essere compromessi dall’interruzione dei servizi pubblici essenziali. Non si tratta quindi di semplici disagi per l’utenza, ma di un pregiudizio grave e non tollerabile.

Il provvedimento può essere emanato dal Presidente del Consiglio o da un ministro da lui delegato nei casi di rilievo nazionale, oppure dal prefetto negli altri casi. Prima di arrivarci, però, è previsto un procedimento formale: comunicazione alle regioni, invito a desistere e tentativo di conciliazione. Solo se questo non funziona si può arrivare all’ordinanza di precettazione, che deve essere emanata entro le 48 ore precedenti lo sciopero, salvo ragioni urgenti.

L’ordinanza può differire la data dello sciopero, ridurne la durata o imporre livelli minimi di servizio. Non può vietare in modo assoluto lo sciopero e deve indicare chiaramente il tempo di validità. Una volta emessa, l’ordinanza è immediatamente esecutiva, pur potendo essere contestata al TAR. Le sanzioni previste sono severe: multe da 5.000 a 50.000 euro per i singoli, da 2.500 a 50.000 euro al giorno per i sindacati inadempienti, fino alla sospensione dall’incarico per dirigenti di imprese o amministrazioni pubbliche.

Lo sciopero per Gaza e lo scontro politico sulla legittimità

La minaccia di Salvini arriva in un contesto infuocato. Lo sciopero generale proclamato da Cgil, Usb, Cub e altre sigle sindacali è previsto per domani, 3 ottobre, ed è stato indetto in sostegno alla Global Sumud Flotilla e contro il genocidio a Gaza. Per il vicepremier, non si può accettare che “Cgil ed estremisti di sinistra portino in Italia il caos”, e per questo ha evocato la precettazione come strumento per fermare la protesta.

L’idea è chiara: presentare lo sciopero come illegittimo e criminalizzare le organizzazioni promotrici. Non a caso, già a settembre Salvini aveva parlato di “cauzione” da imporre agli organizzatori delle manifestazioni, ritenendoli responsabili di eventuali danni. Ora il copione si ripete: lo sciopero viene descritto come improvviso, mentre i sindacati ribattono che la legge 146 del 1990 prevede proprio questa possibilità ed è perfettamente compatibile con la Costituzione.

Gli articoli 11 e 40 sono i punti di riferimento: il primo sancisce il ripudio della guerra, il secondo riconosce il diritto di sciopero. In questa cornice, i promotori sostengono che fermarsi per Gaza non è solo legittimo ma necessario, perché opporsi a un genocidio e a un blocco navale illegale è un interesse collettivo fondamentale.

Anche oggi, per i sindacati, proclamare uno sciopero generale significa denunciare un crimine internazionale e, al tempo stesso, contestare l’inerzia politica che rischia di trasformarsi in complicità.

Andrea Segala

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