Il computer Apple che costa come un’auto: cosa racconta il nuovo Mac Studio

Apple lancia un computer da 18.000 euro capace di eseguire da solo modelli di intelligenza artificiale giganteschi

Quando Apple ha presentato il nuovo Mac Studio con chip M3 Ultra, molti hanno pensato a un gesto di ostentazione. Un computer desktop dal prezzo che, a seconda delle configurazioni, può superare i 17.000 euro, cifra paragonabile a quella di un’auto compatta. Ma dietro questo numero c’è qualcosa di più interessante della semplice corsa alle prestazioni.

Il dispositivo è in grado di eseguire in locale una versione quantizzata del modello linguistico DeepSeek R1, composto da 671 miliardi di parametri. In altre parole, un software paragonabile per complessità ai grandi modelli che alimentano le piattaforme di intelligenza artificiale generativa più note, come ChatGPT, ma capace di girare interamente su una macchina “da scrivania”.

Per ottenere questo risultato, la configurazione deve raggiungere il massimo tecnico possibile: 512 GB di memoria unificata, oltre 400 GB di spazio di archiviazione dedicato e 448 GB riservati come VRAM. Anche così, la versione del modello è semplificata: una variante a 4 bit, meno accurata, ma sufficientemente performante da generare 17-18 token al secondo.

Il Mac Studio non è pensato per l’utente comune, ma per una categoria di professionisti che lavora con modelli linguistici di grandi dimensioni e necessita di potenza locale, senza dipendere dai server remoti. In un momento in cui l’intelligenza artificiale sembra sinonimo di cloud, Apple propone una direzione opposta: la localizzazione della potenza.

M3 Ultra, DeepSeek e la nuova geografia del calcolo AI

Il cuore del Mac Studio 2025 è il chip M3 Ultra, un processore che segna una tappa particolare nella storia dell’hardware Apple. Realizzato unendo due M3 Max tramite la tecnologia UltraFusion, l’M3 Ultra arriva a contenere 184 miliardi di transistor, una cifra che traduce in pratica un doppio salto di scala rispetto ai modelli precedenti.

La CPU raggiunge i 32 core, la GPU gli 80 core, e la memoria unificata consente di gestire modelli di intelligenza artificiale da centinaia di miliardi di parametri, con un’efficienza che deriva proprio dalla coesione tra componenti. È questa architettura a rendere possibile l’esecuzione di DeepSeek R1 in locale, senza scambi continui di dati con l’SSD o con il cloud.

C’è però un paradosso: mentre Apple perfeziona la sua infrastruttura hardware per l’AI locale, Apple Intelligence, il pacchetto software dedicato, non è ancora disponibile in Europa e mostra limiti strutturali. Una scelta che rispecchia la filosofia dell’azienda ma che la pone, per ora, in una posizione di rincorsa rispetto ai concorrenti.

Il Mac Studio con M3 Ultra diventa così un oggetto di confine: un dispositivo che anticipa una possibile trasformazione del rapporto tra utente, macchina e intelligenza artificiale. Se oggi l’AI vive nel cloud, domani potrebbe tornare nello spazio domestico o professionale, come una volta i personal computer avevano riportato la potenza del calcolo dall’università al tavolo di lavoro.

A questo punto la domanda è inevitabile: vale davvero 18.000 euro? Dipende da cosa intendiamo per “valere”. In termini di pura utilità, no. Ma il Mac Studio non nasce per la maggioranza degli utenti, nasce come manifesto tecnologico. È una dimostrazione di forza, ma anche una dichiarazione di intenti.

Il prezzo, in questo senso, diventa una cifra simbolica. È il costo dell’indipendenza computazionale, del controllo sui propri dati, della possibilità di lavorare senza intermediari. Certo, rimane un lusso, ma ogni rivoluzione tecnologica inizia così: con una macchina troppo costosa per essere comune, e troppo potente per essere ignorata.