L’Italia purtroppo rimane uno di quei Paesi europei dove l’educazione sessuale ancora non è stata resa obbligatoria nelle scuole.
Prima di addentrarci pienamente nel tema, andiamo a vedere qual è l’effettiva definizione di educazione sessuale.
Secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Salute, la CSE, quindi la Comprehensive Sexuality Education, “fornisce ai giovani informazioni accurate e adeguate all’età su sessualità, salute sessuale e riproduttiva, relazioni e diritti, con l’obiettivo di promuovere scelte consapevoli, salute e rispetto reciproco. Non ha lo scopo di incoraggiare l’attività sessuale, ma di renderla più sicura e informata”.
Si tratterebbe dunque di un programma, studiato ad hoc per fasce d’età, che dovrebbe guidare i bambini e i ragazzi in un percorso scientifico e comportamentale, che rientra pienamente in quelli che sono i compiti dell’educazione scolastica.
Eppure perché in Italia il tema rimane ancora un taboo?
In Europa sono ben 11 su 25 i Peasi in cui l’educazione sessuale è stata resa obbligatoria.
Pensate che il primo a farla propria fu la Svezia, che la introdusse per legge nel 1955, ben 70 anni fa.
Vista da questa prospettiva, la nostra arretratezza fa ancora più impressione.
Vediamo allora come funziona, e perché questo insegnamento fa ancora così tanta paura agli italiani.
In quasi tutti i Peasi europei in cui è praticata, l’educazione sessuale inizia solitamente nelle scuole primarie: i più “precoci” da questo punto di vista sono gli olandesi, che iniziano il percorso già con i bambini di quattro anni.
La parola “sessuale” non deve spaventare: gli insegnamenti riguardano, soprattutto in base all’età, principalmente l’anatomia del corpo umano, i concetti di rispetto tra persone e di consenso, temi particolarmente importanti se si pensa alla vulnerabilità dei più piccoli. Creare consapevolezza è una delle tecniche di difesa più importanti per le fasce più piccole. Ecco perché ad esempio in America è andata virale la canzone “These are my private parts”, scritta da una maestra proprio per rendere i bambini più coscienti del proprio corpo e quindi metterli in guardia da possibili molestie.
Il percorso continua poi negli anni affrontando altri temi fondamentali, come la pubertà, le relazioni, le contraccezioni, la prevenzione da malattie sessualmente trasmittibili, e infine l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
L’OMS raccomanda anche di affrontare anche temi come quello della pornografia, che può essere un mondo particolarmente pericoloso, e da cui i giovani devono essere messi in guardia, così come tutti i diritti e i doveri che riguardano la sessualità. Nella maggior parte dei Paesi, tutte queste parti più esplicite vengono affrontate solo e soltanto a partire dai 13 anni, almeno.
Ovviamente chi insegna questa materia è un professionista formato, spesso addirittura psicologi o operatori sanitari, interni o esterni, talvolta proveniente da ONG.
Insomma in teoria un programma abbastanza innocuo, che sembra però dividere ancora fortemente l’opinione pubblica italiana.
Per ora non esiste ancora nessun tipo di legislazione che la renda obbligatoria nelle scuole.
Esistono delle linee guida, e dei progetti pilota, talvolta portati avanti sempre da ONG come Save the Children, ma nulla ancora di concreto.
Proprio Save the Children riporta secondo una sua ricerca che tantissime famiglie italiane sarebbero favorevoli all’introduzione della materia nelle scuole. Purtroppo però una grande fetta, non solo della popolazione, ma soprattutto della politica, si schiera ancora contro questo tipo di educazione.
Dai motivi religiosi che urlano all’astinenza, ai movimenti di ultra destra che si scagliano contro la “teoria gender”, anche se ancora non si è capito cosa sia, fino ad arrivare a chi si offende, perché a parlare di queste cose dovrebbe essere la famiglia: che lo facciano però, verrebbe da dire.
Insomma, in Italia, la fiducia rimane nelle scuole, che possono scegliere autonomamente se includerla o meno.
Per ora, l’educazione sessuale, così come qualsiasi cosa che sembri leggermente avanguardistica, rimane, come sempre, un miraggio.
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