Test del carrello, come funziona? Tre licenziamenti alla Pam stanno facendo discutere

Un rossetto nelle uova o degli elastici nelle casse di birra, e se non li trovi per più di una volta puoi dire addio al tuo posto di lavoro.

In queste settimane è apparsa sulle pagine di giornali la storia di Fabio Giomi, 62 anni, ex dipendente Pam, licenziato per aver fallito il “test del carrello”.

La sua storia non è unica: infatti ha seguito il licenziamento di altri due dipendenti toscani, Tommaso e Davide, che hanno deciso di rimanere parzialmente anonimi. Anche loro veterani all’interno dei punti vendita, e anche loro rei di non aver passato questo famigerato test.

La verifica funziona così: un ispettore dell’azienda, sotto mentite spoglie, si presenta come un normalissimo cliente con un carrello colmo di spesa. Il cassiere passa tutti gli articoli, come suo solito, ma non sa che all’interno di qualche confezione sono stati nascosti alcuni piccoli oggetti, come rossetti o forcine per capelli.

Prima del pagamento la rivelazione: “Sono un ispettore e sono qui per il test del carrello”. A questo punto il dipendente del negozio deve fare del suo meglio per trovarli tutti, pena un ammonimento, o peggio il licenziamento.

È ciò che è successo a Fabio, che proprio qualche mese prima ne aveva superato uno: questa volta gli oggetti si trovavano all’interno delle casse di birra.

La notifica del licenziamento dopo tredici anni di servizio per lui è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Inutili le proposte di revisione fatte alla Pam.

Test del carrello, cause e conseguenze

I sindacati sono sempre più preoccupati per un ambiente lavorativo così pressante, dove i controlli, a scapito dei lavoratori, si sono esponenzialmente inaspriti proprio negli ultimi anni.

Nonostante i richiami però la Pam ha deciso di non sospendere i licenziamenti, e di difendere invece la legittimità degli stessi e del test, considerato invece dai sindacati impossibile da superare e in generale irreale.

In un lungo comunicato si legge: “Il licenziamento è avvenuto a seguito delle verifiche del test del carrello. Non c’è stata una sola verifica ma diverse. “

E a seguire: “Pam Panorama ribadisce con fermezza non solo la piena legittimità, ma anche l’assoluta necessità di tali verifiche, indispensabili per garantire l’integrità operativa, la sicurezza e il contenimento dei furti.”

Come dichiarato secondo fonti interne, infatti, i danni all’azienda negli ultimi anni, derivati proprio dai piccoli furti, ammonterebbero a 30 milioni di euro, e sebbene molti investimenti siano stati indirizzati verso vigilanza e sistemi di antitaccheggio, secondo l’azienda è ulteriormente indispensabile la diligenza e l’attenzione di tutti i dipendenti.

Giustamente però, come denunciano nuovamente sindacati e avvocati, non possono essere i lavoratori a pagare con il proprio posto i danni aziendali, soprattutto non con un test al limite del surreale.

Purtroppo la legge è abbastanza sfocata da questo punto di vista, ma come dichiarato dall’avvocato Cesare Pozzoli, il giudice potrebbe proprio contestare la misura degli oggetti nascosti, troppo piccoli e troppo occultati per essere realmente considerati sinonimo di negligenza.

Intanto però, nel pieno di un periodo economico dove i tassi di disoccupazione sono in aumento, e più di 2 milioni di famiglie italiane vivono in povertà assoluta, tre licenziamenti di questo tipo non possono che lasciare dell’amaro in bocca.