Com’è morto, a soli 15 anni, Alessandro Meszely? Il girasole per ricordarlo (dal 2017) e la Milano indignata

Un gesto rozzo, una risposta priva di pietà: questo ciò che ha risvegliato tutta Milano in onore del ragazzo morto tragicamente nel 2017.

La notizia della morte di Alessandro Meszely nel 2017 aveva lasciato sotto shock l’intera comunità milanese.
Quello che doveva essere un semplice pomeriggio di giochi al campetto si è presto trasformato in una tragedia, quando il ragazzo di appena 15 anni si è accasciato a terra nel mezzo di una partita a basket.

Davanti agli occhi terrorizzati degli amici e dei genitori, Laura Scolari e Giorgio Meszely, Alessandro è stato soccorso da un infermiere che si trovava lì casualmente, ma la situazione è subito parsa peggiore di un semplice malore.

I soccorsi tempestivi di due ambulanze e un’automedica, e il ricovero urgente al San Raffaele non sono bastati per bloccare l’arresto cardiaco che aveva colpito il ragazzo, che si è spento il 29 maggio del 2017.

Una morte tragica, che forse si sarebbe potuta evitare, se nel campetto pubblico di Via Dezza ci fosse stato un defibrillatore.

In questi anni i genitori, addolorati, hanno cercato di trarre dalla sofferenza la loro missione, e hanno creato, insieme ad alcuni amici di Alessandro, un’associazione, The Dab Game, volta proprio a valorizzare i campetti sportivi e lo sport in generale, proprio in memoria del ragazzo.

Tra i traguardi raggiunti, nel 2019 ad esempio si è tenuta, durante una cena di gala organizzata dall’associazione, la consegna di un assegno al direttore del Carcere di San Vittore, con l’obbiettivo di ricostruire il campo da calcetto della struttura.

Il prossimo traguardo invece sarà la realizzazione di un campo da softball femminile. Pionieri ormai proprio gli amici storici, oggi quasi tutti laureati, sempre rimasti uniti proprio grazie a The Dab Game.

La ferita riaperta e la solidarietà della comunità

L’associazione non è l’unica cosa che è stata fatta per ricordare Alessandro. In questi otto anni, infatti, i genitori portano abitualmente un girasole, proprio nel campetto in cui il ragazzo ha giocato per l’ultima volta. Un gesto simbolico, per mantenere vivo il ricordo con il suo fiore preferito.

Inaspettatamente però, nelle ultime settimane la madre ha iniziato a notare la scomparsa del fiore, probabilmente strappato e buttato altrove. Senza demordere, ha continuato imperterrita a riposizionarlo ogni volta.

Decide anche di aggiungervi un cartellino, nel tentativo di persuadere chiunque stesse levando in continuazione il piccolo talismano: “Non strappatemi. Non mi sono più rialzato dopo essere caduto in questo campo. Questo girasole mi ricorda. Grazie, Alessandro.

La risposta è arrivata subito, secca e puntuale, scritta a pennarello sopra la preghiera di Laura Scolari: “Se tutti mettessero un fiore per ogni morto, Milano sarebbe una pattumiera.

Un messaggio che ha sicuramente riaperto una ferita, ma che ha anche risvegliato la comunità. Poche ore dopo, infatti, dalla pubblicazione della lettera della madre sulle pagine del Corriere, e sulla rispettiva pagina Instagram, la città si è sollevata in un incredibile moto di solidarietà.

Centinaia di chiamate, messaggi e e-mail ai genitori, tutti in difesa della memoria di Alessandro. E subito la proposta: non vogliono un fiore? Inondiamo Milano di girasoli.

La risposta del papà Giorgio Meszely è arrivata immediata: sabato 29 novembre la comunità di basket si riunirà nel campetto di Via Dezza, alle 14:30, e ognuno porterà proprio un girasole, così come era stato per i funerali otto anni fa. La partecipazione è libera e l’organizzazione autonoma.

Un dolore tragicamente riaffiorato, sì, ma che ci dimostra che il senso di comunità, di solidarietà, di appartenenza, ancora non è stato del tutto perso: il ricordo di chi non c’è più è ancora in grado di risvegliarlo.