Lunedì nero per l’economia russa, più di 40 minuti di attesa per prelevare ai bancomat del centro di Mosca, ma a fare realmente paura sono i tassi di cambio del rublo.
Il rublo infatti, si presenta in forte calo all’avvio del mercato ufficiale di Mosca (dopo che la Banca Centrale ha ritardato di tre ore le contrattazioni).
La valuta scambia in forte flessione (-30%); attualmente per un dollaro sono necessari circa 106 rubli.
Gli spread sul rublo sono aumentati di otto volte, portando a pressioni sul sistema finanziario del Paese che si fanno sempre più pesanti.
Si passa dai 98.08 di Alfa Bank ai 99.49 di Sberbank PJSC, fino ai 105 di VTB Group e ai 115 di Otkritie Bank.
In questa cornice, la Banca Centrale Russa ha quasi raddoppiato il tasso di interesse chiave del paese dal 9,5% al 20% motivando la decisione con il drastico “cambiamento delle condizione esterne”.
La decisione è progettata per compensare l’aumento del rischio di deprezzamento del rublo e per cercare di tenere sotto controllo l’inflazione.
La Banca Centrale ha inoltre vietato ai broker di vendere titoli ai non residenti, nel tentativo di proteggere i beni della nazione dalle ingenti sanzioni occidentali e contenere le ricadute sul mercato.
Il rischio per la Russia è chiaro: bank run che possano esacerbare la tensione sociale interna e dollarizzazione dell’economia, l’esatto contrario di quanto auspicato negli ultimi anni da Vladimir Putin e in parte ottenuto attraverso la politica di diversificazione delle riserve dalla Bank of Russia.
Al momento le opzioni possibili per evitare lo scenario peggiore sono principalmente due: utilizzare parte delle riserve auree (stimate da Credit Suisse intorno ai 150 miliardi di dollari) oppure alzare ulteriormente i tassi (in caso realmente il rublo precipitasse troppo al di sotto della soglia psicologica di 100 sul dollaro).
In entrambi i casi il colpo iniziale per l’economia russa si prevede estremamente duro.
Per cercare di far fronte alla difficile situazione, Vladimir Putin potrebbe lanciare contro-sanzioni senza precedenti, con il fine di colpire al cuore l’economia del Vecchio Continente.
A partire e concentrandosi principalmente sul gas (nonostante le rassicurazioni odierne da parte di Gazprom sulla regolarità dei flussi).