Cosa successe l’8 settembre 1943? Dall’armistizio alla mancata difesa di Roma: tutto quello che c’è da sapere

L’8 settembre 1943 è ricordato come il giorno in cui il Regno d’Italia si arrendeva agli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Quel giorno, infatti, venne reso pubblico l’armistizio di Cassabile, firmato in realtà dall’Italia il 3 settembre 1943 dal generale Giuseppe Castellano. Quest’ultimo firmò a nome del presidente del Consiglio e Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, fedele al re Vittorio Emanuele III.

Da quel giorno il Paese si spaccò in due: il Regno del Sud, dominato dalle forze americane e inglesi e la Repubblica di Salò nel Nord, dove le forze fasciste erano ormai una pedina della Germania nazista.

Cosa accadde l’8 settembre 1943

Dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943 e l’arresto di Benito Mussolini, ex capo assoluto del Governo, l’Italia era in una situazione disastrosa. Nel frattempo il Paese era già stato invaso dalle truppe americane sbarcate in Sicilia.

Il nuovo Governo, presieduto dal generale Pietro Badoglio, si trovò a dover fronteggiare una situazione molto complicata: con gli Alleati in avanzata da Sud e un esercito ormai allo sbando la resa sembrava l’unica soluzione.

Dopo settimane di trattative con le forze americane guidate dal generale Eisenhower, il 3 settembre 1943 l’Italia firmò l’armistizio a Cassabile (vicino a Siracusa). L’obiettivo era quello di porre fine alla guerra. Attraverso il famoso “proclama Badoglio“, solo l’8 settembre gli italiani vennero a conoscenza di tale decisione.

Alle 19:45 di quel giorno, Badoglio lesse ai microfoni dell’Eiar il suo proclama contenente un passaggio ambiguo: “[…] Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza […]”.

A quel punto nessuno capì più quel che doveva fare e i primi a pagarne le conseguenze furono i soldati. A descrivere quel momento drammatico dal punto di vista di un soldato fu Beppe Fenoglio: “E poi nemmeno l’ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall’altro, o contrario. Resistere ai tedeschi – non sparare sui tedeschi – non lasciarsi disarmare dai tedeschi – uccidere i tedeschi – autodisarmarsi – non cedere le armi”.

Nonostante l’Italia quel giorno sarebbe dovuta uscire dalla guerra, in realtà si aprì una seconda fase del conflitto ancora più dolorosa.

Subito dopo la proclamazione della resa, il Re Vittorio Emanuele III fuggì a Brindisi assieme al capo del Governo Badoglio e alla corte. La capitale, Roma, rimase dunque senza una guida e senza chiare indicazioni sul da farsi.

La Mancata difesa di Roma portò alla rapida conquista da parte delle truppe tedesche naziste. Gli unici ad opporre resistenza furono le Truppe del Regio Esercito e i civili: caddero in 1000.

Alla fine il conflitto si trascinò per più di un anno fino alla primavera 1945, con l’aggravante di trasformarsi in una sorta guerra civile. Dopo la sua liberazione, il 23 settembre 1943 Mussolini proclamò la Repubblica di Salò mentre i partigiani diedero via alla guerra di liberazione.