Siamo reduci da una delle pandemie più paralizzanti del nostro tempo e le brutte notizie non sembrano finire. Si chiama influenza aviaria ed è la nuova preoccupazione degli scienziati che stanno assistendo ad un boom di casi.
Questa volta però non possiamo che incolpare noi stessi.
Eh sì, perché il problema riguardante il trattamento del pollame negli allevamenti è un evergreen del quale da 25 anni a questa parte si sta ignorando l’esistenza. La necessità di aumentare il quantitativo di prodotti animali abbassando sempre più i costi di gestione ha portato ad amplificare un virus che ha facilmente trovato terreno fertile nel quale proliferare.
E così ad oggi ci ritroviamo con una moltitudine inimmaginabile di uccelli contagiati senza avere la minima idea di come arrestare questa corsa inarrestabile. Ma non solo pollame… si iniziano infatti a rilevare i medesimi effetti anche su foche, orsi, volpi. E come ultimo stadio, una bimba ecuadoriana.
Ma facciamo chiarezza sul fenomeno del quale molto presto faremo esperienza diretta.
L’influenza aviaria è stata definita come “infezione virale che si diffonde normalmente tra gli uccelli. I sintomi possono variare da una lieve infezione delle vie respiratorie superiori (febbre e tosse) a una grave polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto (difficoltà respiratoria), shock e persino la morte”.
Sebbene sia raro che la trasmissione avvenga da specie animale a specie umana, alcuni casi di influenza aviaria nell’uomo (H5N1) sono stati rilevati e collegati al consumo di carne di pollame o uova non adeguatamente conservati o al contatto diretto con animali infetti.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha lanciato l’allarme in seguito al contagio in numerosi paesi del Sud America, fra tutti Argentina e Uruguay che dichiarano la situazione di emergenza sanitaria. In queste nazioni infatti il servizio nazionale per la sicurezza alimentare ha rilevato la presenza del virus in un uccello nella località di Pozuelos, nella provincia di Jujuy al confine con la Bolivia. Le autorità rassicurano la popolazione, ma apparentemente i volatili non sono le uniche specie ad essere state colpite. Si riscontrano casi anche in cigni, volpi, orsi, delfini, visoni.
“Da quando H5N1 è emerso per la prima volta nel 1996, abbiamo assistito solo a trasmissioni rare da e tra esseri umani. Il virus si è diffuso ampiamente negli uccelli selvatici e nel pollame per 25 anni, ma la recente diffusione ai mammiferi desta preoccupazione”.
Il vero quesito infatti è: l’influenza aviaria è in grado di raggiungere l’uomo?
A detta dell’Oms, negli ultimi due decenni ci sono stati solamente 868 casi confermati di H5N1 nell’uomo, dei quali 457 sono arrivati alla morte. Nel mese scorso però si è identificato il primo caso di essere umano contagiato nel nostro secolo: si tratta di una bambina in Ecuador che è stata in contatto con pollame da cortile.
Ad oggi non vi sono state alcune testimonianze di trasmissione diretta tra persone, ma la preoccupazione persiste in quanto tale virus sarebbe in grado di mutare e dunque adattarsi per essere trasmesso da uomo a uomo. In aggiunta non esiste alcun vaccino in grado di debellare tale malattia.
Si raccomanda quindi una grande attenzione.
Con una Kia Picanto modificata da 9mila euro, guidata esclusivamente con i piedi, Nicholas racconta…
Mesi dopo lo schianto costatogli la vita, la Procura di Bolzano indaga due militari per…
Ventisei arresti a Gioia Tauro, tra cui il boss della 'ndrangheta Pino “Facciazza” Piromalli in…
Dopo 75 anni emergono le carte che lo scrittore credeva irrimediabilmente perdute, tra cui Londra, appena…
Il governo ha deciso di concedere la cittadinanza a Maria Bartiromo, giornalista statunitense di origini…
La Sardegna ha approvato la legge sul suicidio assistito, diventando così la seconda regione italiana…