Ban dell’oppio imposto dai Talebani: è credibile? Tra povertà diffusa e il network che si sostenta grazie al traffico

Le unità anti-narcotici dei Taliban hanno riportato una significativa riduzione della coltivazione di oppio in Afghanistan, secondo numerosi rapporti dei media. Con l’aiuto di soldati dei Taliban armati di bastoni, il personale si sposta da un campo di coltivazione di oppio all’altro, distruggendo le colture in numerose province. Tali operazioni, sorvegliate dai media internazionali, sembrano aver portato a una riduzione del 80% circa della coltivazione di oppio quest’anno nel paese, che fino a poco tempo fa rappresentava l’85% della produzione mondiale di oppio.

Il divieto emanato dal “Comandante dei Credenti”

Il divieto di coltivazione di droghe, compreso il papavero da oppio, in tutto l’Afghanistan è stato emanato da Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dei Taliban, nell’aprile 2022. Il “Comandante dei Credenti” ha tenuto una conferenza stampa a Kabul, avvertendo che chiunque violasse il decreto sarebbe stato punito secondo la legge della Sharia e le colture sarebbero state distrutte immediatamente.

La ratio del divieto, tra motivazioni religiose e necessità

Nonostante iniziali dubbi sulla sincerità dei Taliban nel rispettare il divieto, sembra che stiano facendo tutto il possibile per far rispettare la legge, dimostrando la loro volontà di ridurre la coltivazione di papavero non solo per ragioni religiose, ma anche per affrontare il problema della tossicodipendenza nel paese. Al momento, questa è infatti una delle tante piaghe che attraversano questa sfortunata area geografica. Ci sarebbero infatti 3 milioni e mezzo di persone dipendenti da esso (o dalle sostanze ottenibili dalla sua lavorazione, come eroina, morfina o molte altre) solamente in Afghanistan, secondo le stime.

La piaga della povertà

Tuttavia, la sostenibilità di questo divieto nel lungo termine è incerta. L’Afghanistan è un paese impoverito, con un aumento del numero di poveri da 19 milioni nel 2020 a 34 milioni nel 2022 (quasi la totalità della popolazione, visto che il dato sugli abitanti stimati nel paese è intorno ai 40 milioni totali). Molti agricoltori dipendono dalla coltivazione del papavero per il loro sostentamento e ci sono stati rapporti di proteste violente contro i Taliban da parte di agricoltori che si sentono minacciati.

Il network dietro i traffici e il problema delle divisioni dei Taliban

Inoltre, c’è il problema della vasta economia degli oppiacei, che costituisce una parte significativa del PIL afghano. Il commercio degli oppiacei è gestito da cartelli regionali e multinazionali con reti illecite complesse e estese. Nonostante gli sforzi dei Taliban, il traffico di droga dall’Afghanistan continua verso diverse destinazioni internazionali. Gli attori impegnati in questi traffici, solitamente iraniani, pakistani o afghani, probabilmente non staranno a guardare e troveranno il modo per difendere i propri interessi.

Un modo potrebbe essere resistere con la forza, un altro potrebbe essere quello di dividere la già frammentata leadership Talebana. Al di fuori delle figure apicali dell’organizzazione che sono anche uomini dalla forte morale religiosa, vi sono figure meno determinate a combattere i traffici di questo tipo. L’esempio principe è sicuramente il potente ministro degli interni e leader dell’Haqqani Network, Sirajuddin Haqqani, nemico numero 1 dell’occidente e vecchio amico di Al-Qaeda.

La difficoltà di controllare un territorio tanto inaccessibile

I Taliban potranno mantenere la promessa di ridurre la coltivazione di papavero? La questione della sostenibilità a lungo termine del divieto è ancora aperta. Inoltre, resta da vedere se i Taliban saranno in grado di estendere l’attuazione del decreto anche nelle province più remote. Il problema del controllo territoriale rimane un argomento spinoso per i Taliban. Per ora si sono dimostrati in grado di detenere quasi al 100% il monopolio dell’uso della forza nel paese. Combattere anche le coltivazioni di questo tipo, oltre alle numerose organizzazioni ribelli presenti nel paese (che sono tante, ma tra loro scoordinate e relativamente deboli rispetto alle forze dell’Emirato), sarebbe solamente una sfida in più per la leadership Taliban.

Inoltre, è riportato come in regioni remote del paese, come quella di Badakhshan, non sia ancora arrivata la distruzione dei campi e delle coltivazioni. Diverse zone di questo paese, tra le valli dell’Hindu Kush e delle numerose catene montuose che da questo dipartono, sono estremamente remote e predisposte a attività illecite di vario tipo. Sono un paradiso per trafficanti di droga e per chiunque voglia opporre resistenza ad un potere centrale, come la storia, più o meno recente, dell’Afghanistan ci insegna.

Le prospettive di riuscita dell’operazione

Per avere successo, l’Emirato Islamico dell’Afghanistan avrebbe bisogno di coordinare i suoi sforzi con la comunità internazionale e regionale, cosa che finora non ha mostrato alcuna intenzione di fare. Senza una cooperazione più ampia, il risultato potrebbe essere solo temporaneo, con buone possibilità di una rinascita su larga scala della coltivazione di papavero nel medio e lungo periodo. Va anche sottolineato come i Taliban stiano superando le previsioni che li davano già per spacciati, mostrando come il mondo li ha probabilmente sottovalutati in molteplici occasioni. Arriverà però il momento dove un qualche elemento, divisioni interne, ribellioni dell’esausta popolazione o serie problematiche con uno dei maggiori partner economici che siano, li costringerà a fare i conti con la realtà.