In uno studio pubblicato mercoledì, i ricercatori della NASA hanno utilizzato i dati di tracciamento di precisione del veicolo spaziale OSIRIS-REX ( Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer) per comprendere meglio i movimenti dell’asteroide Bennu fino all’anno 2300, riducendo significativamente le incertezze relative alla sua orbita futura e migliorando la capacità degli scienziati di determinare la probabilità di impatto totale e prevedere le orbite di altri asteroidi
Rich Burns, project manager di OSIRIS-REX ha dichiarato al Sunday Telegraph: “Ora siamo nella tappa finale di questo viaggio di sette anni, e sembra molto simile alle ultime miglia di una maratona, con una confluenza di emozioni come orgoglio e gioia che coesistono con una concentrazione determinata per completare bene la gara”.
La scoperta di Bennu avvenne per caso.
Quando per la prima volta, nel 1999, Osiris-Rex immortalò il distacco di particelle, gli scienziati le scambiarono per stelle sullo sfondo. Analizzando le immagini più a fondo, però, si resero conto che le cose stavano diversamente, e che Bennu poteva essere un asteroide attivo, ossia uno di quelli che rilasciano polveri e detriti a formare una sorta di coda simile a quella delle comete.
Bennu rientra nella categoria di “asteroidi Apollo”: oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra a causa della possibilità di impatto. Infatti hanno un’orbita intorno al Sole con afelio esterno all’orbita del nostro Pianeta e perielio interno. Il risultato è che le due orbite si possono intercettare, da qui il possibile rischio di un impatto che risulterebbe particolarmente catastrofico.
L’impatto con il nostro pianeta
Secondo quando detto da Lindley Johnson, planetary defense officer della Nasa, Bennu genererebbe un cratere di dieci/venti volte la sua dimensione, causando un’area di devastazione fino a cento volte quella del cratere. Ciò significa che l’area coinvolta da un eventuale (improbabilissimo) impatto potrebbe arrivare a 785mila chilometri quadrati, pari a buona parte dell’Europa centrale (la sola Germania occupa una superficie inferiore ai 360mila chilometri quadrati).
Grazie ai modelli matematici e ai dati del network Deep Space, gli studiosi sono riusciti a ridurre le incertezze sulla sua orbita e a determinare che la probabilità di un suo impatto entro l’anno 2300 è dello 0,057%, cioè 1 su 1.750. I ricercatori hanno inoltre calcolato il singolo giorno con la più alta probabilità di impatto: il 24 settembre 2182, con lo 0,037% di possibilità, pari a 1 su 2700.
«La missione di difesa planetaria della Nasa è quella di trovare e monitorare gli asteroidi e le comete che possono avvicinarsi alla Terra e possono costituire un pericolo per il nostro pianeta» ha spiegato Kelly Fast, a capo del programma di osservazione degli oggetti vicino alla Terra della Nasa.
Nonostante, come visto, le probabilità che Bennu diventi una minaccia per noi siano molto basse, rimane uno degli asteroidi più pericolosi del sistema solare. E dunque la sua orbita continuerà ad essere monitorata. Così come quella di 1950 DA, appartenente anche lui al gruppo Apollo e che ha un’alta probabilità di collidere, un giorno, con la Terra.