Il destino di Madrid si deciderà a Barcellona.

Designato dal sovrano Felipe VI come colui che dovà provare a formare un governo,  il candidato di centro destra Alberto Núñez Feijóo non ha ancora trovato una maggioranza alle Cortes, il parlamento spagnolo.

Il Partido Popular si ferma infatti a 136 seggi, lontano dai 150 a cui era accreditato alla vigilia dai sondaggi più benevoli. Voti che avrebbero permesso ai popolari di governare, magari con l’appoggio esterno dei 33 del partito di Vox. Ma nulla è andato come si sperava

Dopo le elezioni del 23 luglio la politica spagnola rimane quindi in stallo perché neanche la sinistra di Pedro Sánchez sembra avere i numeri necessari per governare.

Tuttavia, teoricamente, una possibilità per Sánchez c’è: ottenere l’appoggio degli indipendentisti catalani, convincendo almeno una parte dei 7 deputati di Junts per Catalunya.

Dal suo canto l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, in una conferenza stampa tenuta a Bruxelles, ha aperto il canale di comunicazione con la coalizione di centrosinistra ma lo ha fatto indicando alcune condizioni necessarie per iniziare a trattare in cambio del voto favorevole per la formazione di un eventuale esecutivo.

Puigdemont si trova in Belgio da sei anni, ovvero da quando si rese protagonista di un tentativo di secessione dalla Spagna nel 2017. Promosse infatti un referendum illegale che gli costò un mandato d’arresto internazionale tale per cui sarebbe immediatamente arrestato se si recasse fisicamente in territorio spagnolo.

Per questo tra le prime condizioni poste dal leader catalano figura l’amnistia , meglio definita come l’abbandono “completo ed effettivo della via giudiziaria contro l’indipendentismo” , oltre che il “riconoscimento e rispetto della legittimità democratica dell’indipendentismo”; un “meccanismo di mediazione e verifica” del rispetto degli accordi; il catalano come lingua ufficiale nelle istituzioni Ue, richiesta che il governo ha già avanzato all’Europa.

Insomma un vero e proprio ricatto: l’amnistia in cambio del Governo.

Sanchez starebbe trattando in questi giorni un patto di Governo, ma le critiche non mancano

Feijóo ha attaccato il premier socialista uscente, definendo l’amnistia chiesta dai leader catalani in cambio del loro appoggio all’esecutivo di centrosinistra come “inaccettabile giuridicamente ed eticamente”. “La maggioranza degli spagnoli – ha aggiunto il leader del centrodestra -, lo scorso 23 luglio, non ha appoggiato un programma che contemplasse l’amnistia o l’autodeterminazione”.

Nel suo primo discorso alla Camera, ha poi affermato in modo dirompente: “fuera de la Constitución no hay democracia” (“al di fuori della Costituzione non c’è democrazia”).

“Nessun fine, nemmeno la Presidenza del governo, giustifica l’illegalità”.

Le questioni poste da Puigdemont restano comunque molto complesse: difficilmente potranno realizzarsi nelle prossime settimane. Portare avanti una proposta di legge di amnistia per i dirigenti catalani coinvolti nel referendum del 1 ottobre 2017, per esempio, potrebbe richiedere molto tempo. Quello che il governo in carica può fare ora è inviare segnali di distensione, accelerare investimenti fermi ma lungamente attesi in Catalogna, studiare le modalità con cui verificare il rispetto degli accordi futuri.

Intanto a Madrid sono già iniziate le proteste contro il ricatto indipendentista: migliaia di persone si sono riunite in plaza Felipe II annunciando che difenderanno “l’uguaglianza di tutti gli spagnoli e di tutti i territori”. Tra gli slogan cantati dai manifestanti risalta uno in particolare: “in prigione Puigdemont”.