In Italia la polizia è razzista? | La condanna delle Nazioni Unite

Il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha affermato di essere “preoccupato per la proliferazione razziale” che sta avvenendo in Italia.

Per il Consiglio d’Europa si parla di profilazione etnica o razziale nell’ambito delle attività di polizia ogni qual volta “le forze dell’ordine procedono a operazioni di controllo, sorveglianza o indagine, non in base a motivi legati a dati di tipo oggettivo quanto invece all’etnia, al colore della pelle, alla lingua, alla religione, alla nazionalità o l’origine nazionale.

Secondo le Nazioni Unite in Italia ci sono troppi casi di razzismo da parte della polizia spesso impuniti, per questo hanno chiesto un intervento al Parlamento e l’adozione di una legge che vieti abusi e maltrattamenti nei confronti delle minoranze etniche o religiose. Emerge anche la necessità di promuovere l’aumento della diversità etnica nelle stesse forze di polizia, in modo da contrastare dall’interno comportamenti di tipo discriminatorio.

Simili preoccupazioni sono state generate dal nuovo decreto Cutro nonché dalla criminalizzazione delle Ong impegnate nel salvare le vite in mare.

La recente legislazione ha reso i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati più vulnerabili alle violazioni dei diritti umani, in particolare del diritto alla vita e alla sicurezza”, sottolineano gli esperti delle Nazioni Unite.

La legge di conversione del decreto Cutro, infatti, abolisce il permesso per protezione speciale e il relativo divieto di espulsione mentre il permesso per calamità può ora essere concesso esclusivamente per situazioni “contingenti ed eccezionali” (non è più sufficiente la “grave calamità”).

Lo scenario che emerge è quello di un paese non in grado di affrontare il tema delle discriminazioni etnico, razziali e religiose.

In Italia “ il 70 per cento di chi è stato fermato dalla polizia ritiene che l’ultimo fermo sia stato motivato da motivi razziali”, secondo l’unico studio sul tema pubblicato nel 2018 dalla European Union agency for fundamental rights.

Questa tendenza viene ritenuta un problema reale anche dal comitato Onu, che si dice “preoccupato per le numerose segnalazioni sull’uso diffuso di comportamenti razzisti da parte delle forze dell’ordine” in Italia e “per le informazioni riguardanti un elevato numero di casi di maltrattamenti, tra cui l’uso eccessivo della forza e di violenza contro minoranze etniche, in particolare rom, sinti e camminanti, africani, persone di origine africana e migranti”.

Il riconoscimento facciale utilizza un algoritmo razzista

Il Sari, utilizzato dalla polizia scientifica italiana, è un sistema di riconoscimento facciale nato inizialmente per contrastare il terrorismo, usato ora anche per l’arresto di altri criminali, ed è uno strumento particolarmente controverso perché non è stato mai reso conoscibile l’algoritmo su cui si basa. Addirittura, una delle sue funzioni, quella in real time, è stata bloccata dal garante della privacy nell’aprile del 2021.

Una delle banche dati a cui fa riferimento il Sari è quella delle forze di polizia. Secondo l’ONU questo database viene spesso usato per colpire in modo sproporzionato alcuni gruppi minoritari. Si richiede quindi maggiore trasparenza e algoritmi non discriminatori.

Il governo e il parlamento dovrebbero ora rispondere a queste segnalazioni con leggi e linee guide adeguate, al fine di prevenire questi episodi e garantire indagine efficaci.