Tra i quartieri più cool del mondo c’è anche Milano: l’Isola scampa alla gentrificazione

La rivista britannica Time Out ha pubblicato, come ogni anno, la classica dei quaranta quartieri più fighi al mondo: scopriamoli insieme!

Al primo posto figura il vivace quartiere di Laureles, Medellin, Colombia.

In questo quartiere, definito come “il più cool del momento“, vivrebbe, secondo i dati de la Alcadìa Distrital, il 4,8% della popolazione totale della città, raggiungendo la cifra di 124 mila abitanti.

Time Out la definisce così: “Una zona rilassata ma ancora tipicamente colombiana di questa città animata, è un rinomato punto di riferimento per la vita notturna, ma anche un luogo in cui affollarsi per grandi parchi, caffè e studi di yoga”.

Tra i restanti 9 ben 5 sono situati in Europa, tra cui Smithfield a Dublino e Carabanchel a Madrid, classificati rispettivamente al secondo e al terzo posto.

Per quanto riguarda il quartiere irlandese la rivista afferma : “I pub storici si affiancano a nuove attività alla moda, e alla fine di agosto di ogni anno c’è una celebrazione di due giorni di tutto ciò che è locale e irlandese”. Mentre Carabanchel avrebbe conquistato il podio grazie ai “nuovi collettivi di artisti moderni e sciccosi che incontrano ristoranti di tapas tradizionali” e per essere la “casa di creativi e gente del posto che vivono lì da decenni“.

Europei sono anche i quartieri di Haynen in Danimarca e di West in Olanda.

Fuori dal nostro continente, per quanto riguarda la parte del mondo più a est, sono invece menzionati Sheung a Hong Kong e Tomigaya a Tokyo.

A proposito di quest’ultimo in particolare la rivista si esprime in questi termini: “Tomigaya sembra un mondo a parte dal ritmo frenetico delle strisce pedonali più trafficate del mondo”.

Con le sue strade residenziali basse e tranquille Tomigaya si distingue dal resto di Tokyo, sempre più frenetico e veloce.

Sottolinea la rivista: “Il ritmo sembra più rilassato e le attività sono più indipendenti e a conduzione familiare. Nonostante il basso profilo senza pretese di Tomigaya, qui non mancano i caffè e i negozi alla moda, nascosti nelle strade laterali tra fantastici ristoranti e negozi di alimentari locali. Ma ciò che rende Tomigaya ancora più attraente è la sua vicinanza a uno dei più grandi spazi verdi di Tokyo, il Parco Yoyogi, che ospita di tutto, dai festival gastronomici alle celebrazioni culturali”.

Anche l’Italia conquista un posto nella top 10 e, come potevamo immaginare, a essere menzionato è il quartiere Isola, situato a Milano.

L’Isola deve il suo nome alla costruzione, nel 1865, di una ferrovia che divise totalmente il  quartiere dal resto della città, rendendolo appunto “un’isola”.

Definito come “un po’ hipster e un po’ bohemien”, si compone di decine di murales, ospita il famosissimo bosco verticale nonché locali super trendy come Deus ex Machina e Frida, rendendolo una vera e propria oasi tra i grattacieli milanesi.

La rivista precisa che si tratta di una sorta di “casa e bottega” che, all’interno di una metropoli così grande come Milano, “mantiene il suo cuore locale”.

Tutti questi quartieri sparsi per il mondo, al di là delle dovute e necessarie differenze, presentano tuttavia un tratto in comune: sono scampati alla gentrificazione, almeno per adesso.

Gentrification: di cosa si tratta?

Il termine, un calco dall’inglese, letteralmente significa “borghesizzazione” e fu usato per la prima volta  dalla sociologa inglese Ruth Glass che riferendosi a un quartiere di Londra scrisse:

“La gentrification è un processo complesso, o un insieme di processi, che comporta il miglioramento fisico del patrimonio immobiliare, il cambiamento della gestione abitativa da affitto a proprietà, l’ascesa dei prezzi e l’allontanamento o sostituzione della popolazione operaia esistente da parte delle classi medie“.

In poche parole il termine descrive il processo di cambiamento di un territorio che, tradizionalmente appannaggio della classe operaia, diventa per un motivo o per un altro luogo di attrazione per chi possiede redditi più elevati.

Lentamente quindi il quartiere inizia ad arricchirsi e gli affitti ad aumentare così che gli abitanti del posto sono costretti a trasferirsi altrove, non potendo più sostenere i costi dei nuovi standard qualitativi della vecchia residenza.

Questo determina una progressiva perdita di autenticità a fronte di un aumento degli affitti e un rimpiazzo dei negozi a conduzione familiare da parte di imprese multinazionali, una vera e propria sostituzione spesso spacciata come un “processo di miglioramento e riqualificazione del degrado urbano“.

Tutto ciò ha determinato fenomeni di resistenza e di opposizione contro lo stravolgimento sociale dei quartieri, nonché la nascita di comitati e collettivi che mirano a fornire una risposta pratica e politica all’urgente crisi abitativa e alla mancanza di strumenti adeguati per proteggere il diritto di abitare.