Melania Rea, 29 anni, fu uccisa con 35 coltellate nel 2011 a Colle San Marco, in provincia di Ascoli Piceno.
Tutti ricordiamo la morte della madre della piccola Vittoria, all’epoca di soli 18 mesi, come uno dei casi di cronaca più tragici della storia italiana.
Omicidio Melania Rea, la ricostruzione dei fatti
Secondo le ricostruzioni Melania si era recata con il marito e la figlia nel boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto e qui esalò il suo ultimo respiro.
Prima ci fu la denuncia della sua scomparsa da parte di Salvatore Parolisi, suo marito, istruttore del 235° Reggimento Piceno cui seguirono due giorni interrotti di ricerche.
Poi, d’un tratto, la svolta: qualcuno, in modalità anonima, fece una chiamata dove rivelò le coordinate per ritrovare Melania.
I carabinieri trovarono quindi il corpo martoriato della donna e dalle indagini emerse che fu uccisa dal marito mentre era di spalle intenta a fare pipì. Il motivo? Parolisi aveva una relazione extraconiugale con un’allieva dell’Esercito, Ludovica, di cui Melania aveva scoperto l’esistenza. Nella sentenza si legge infatti che le coltellate furono inflitte «dopo un’impeto d’ira, nato da un litigio tra i due coniugi e dovuto alla conclamata infedeltà coniugale dell’uomo».
Il 19 Luglio 2011 Parolisi, unico indagato, fu condannato all’ergastolo in primo grado aggravato dalle tre circostanze di crudeltà, minorata difesa e vilipendio di cadavere. L’uomo è stato privato della potestà genitoriale sulla figlia che, dopo aver cambiato nome, è stata affidata alla cure della famiglia di Melania.
Egli si è sempre dichiarato innocente, per questo non fece acquiescenza ma decise di promuovere l’appello che si concluse con la revisione di quanto deciso in primo grado e la riduzione a 30 anni di carcere. Nel 2015 con il ricorso in Cassazione la pena divenne definitiva e si ridusse a 20 anni, essendo esclusa l’aggravante della crudeltà.
Sono ormai trascorsi 12 anni e la vicenda è tornata all’attenzione dei mass-media perché Parolisi, dopo aver scontato 12 anni di carcere, è uscito per 12 ore grazie a un permesso premio, generando l’indignazione della famiglia della vittima.
Subito giunge la critica del fratello di Melania: “Dodici anni: la vita di una persona, di una mamma, di una ragazza uccisa in quel modo vale così poco?”
“Dicono che il carcere riabiliti- continua- soprattutto nelle relazioni interpersonali, ma crediamo che lui sia peggiorato in questi anni e lo ha dimostrato. Non mi sembra il caso che dopo 12 anni un assassino del genere possa uscire, rifarsi una vita e avere contatti con altre persone, con la società. Tanto si è fatto in questi anni per il femminicidio, ma tanto si deve ancora fare”.
D’altronde Parolisi non ha mancato di ribadire il suo punto di vista sulla vicenda in un’intervista al programma televisivo “Chi l’ha visto?”: “Ho tradito Melania più volte, ma non l’ho uccisa. E con Ludovica era solo una scappatella. Se trovassi un lavoro potrei uscire, ma chi me lo dà un lavoro? Quando sentono il mio nome e cognome, scappano, fanno il deserto. Mi hanno dato 12 ore di permesso dopo 12 anni”.
Un’intervista costatagli caro dato che in seguito alle sue dichiarazioni il tribunale di sorveglianza ha deciso di revocargli tutti i permessi.
Secondo la giudice Rosanna Calzolari Parolisi non avrebbe “ancora fatto quel lavoro introspettivo” necessario al reinserimento nella società, e non avrebbe nemmeno compreso “il significato e la valenza” dei permessi premio che hanno lo scopo di “riabilitazione sociale”.
La figlia Vittoria non vede il padre da quel giorno che le cambiò per sempre la vita
Vittoria Rea ha ora 13 anni ed è cresciuta senza vedere né sentire il padre dopo che il Tribunale per i minori di Napoli nel 2017 dichiarò Parolisi “decaduto dalla civile responsabilità genitoriale sulla figlia”.
Sul cambiamento del suo cognome lo zio Michele dichiarò: “Voleva cancellare quel cognome diventato troppo ingombrante: il cognome di un assassino. Era il suo desiderio più grande, Anche a scuola, quando facevano l’appello, lei non sentiva suo quel suo cognome e non era giusto che fosse lei a portare il peso di quel cognome. Ora la bambina ha riacquistato la sua serenità e sente ancora più forte il legame con la famiglia della mamma dove vive e sta crescendo circondata dall’amore di tutti”.
Cresciuta dai nonni materni e dallo zio, Vittoria vive oggi a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli e negli ultimi giorni è stata nominata in un post da parte dello zio Gennaro.
“Sono trascorsi 12 anni, 12 anni in cui il dolore dentro il nostro cuore non diminuisce mai. In questo giorno la mente ripercorre quei momenti dalla scomparsa al ritrovamento. Momenti di speranza che immediatamente vennero sopraffatti da momenti di disperazione. A Te purtroppo non è concesso di ritornare tra di noi, dalla Tua bimba (oggi una bellissima ragazza), mentre al tuo carnefice viene data questa possibilità e tra qualche anno sarà libero perché qualcuno decise che non ci fosse crudeltà nelle 35 coltellate ricevute. Questa è la giustizia. Cara Melania da lassù proteggi sempre la Tua famiglia e la Tua Vitttoria”.