Stéphen Rostain, ricercatore del Centre national de la recherche scientifique e grande appassionato di antiche civiltà amazzoniche precolombiane, era a capo del gruppo di archeologi che riuscì a portare alla luce, da sotto le pendici delle Ande, i resti di antiche città, fondati su 6.000 tumuli di argilla.
Gli studi di Rostain legati alla valle dell’Upano, in Ecuador, iniziarono una trentina di anni fa, ma, pur notando i tumuli di terra, per svariato tempo, sia lui sia i suoi compagni di lavoro avevano circoscritto il loro campo di ricerca solo nei due siti principali, Sangay e Kilamope, dove sono state reperiti manufatti di ceramica dipinta e incisa.
Dal 2015, le scoperte del ricercatore si svilupparono, quando l’Istituto nazionale per il patrimonio culturale dell’Ecuador disegnò una mappatura aerea della valle dell’Upano, servendosi di un LIDAR, un’apparecchiatura in grado di misurare la distanza di oggetti e superfici tramite impulsi laser e che, per questa ragione, può essere utilizzato per rilevare la presenza di strutture umane nascoste in una fitta foresta.
Il misterioso popolo scomparso della Valle dell’Upano
Grazie alle informazioni ottenute con il LIDAR, gli archeologi si sono accorti che i siti a cui si erano dedicati creavano una rete stradale con altri, ancora a loro ignoti. Nel giro di 300 chilometri quadrati, sono stati scoperte in totale cinque grandi città e dieci più piccole. La rivista scientifica Science, riporta che questi insediamenti fossero presumibilmente abitati tra il 500 a.C. e un lasso temporale compreso tra il 300 e il 600 d.C., secoli in cui in Europa reggeva ancora l’Impero Romano.
Antoine Dorison, archeologo e compagno di lavoro di Rostain, stima che ci abitasse per un millennio il popolo Upano, una comunità di 10.000 individui e forse fino a 15.000 o 30.000 durante il suo massimo splendore; tuttavia, per ragioni tuttora sconosciute, scomparve misteriosamente molto tempo prima dell’arrivo dei colonizzatori europei in Sud America. La misteriosa comunità ci ha lasciato in eredità un’ impressionante rete urbana, composta da piazze, strade, fattorie e canali, affiancati da aree agricole con fossati di scolo, riservate alla coltivazione di mais, patate e manioca. Gran parte delle strade erano sorprendentemente diritte ed erano costruite accanto a edifici residenziali e religiosi, costruiti con mattoni di fango.
Tale scoperta è la prova della vivibilità dell’antica Amazzonia anche prima dell’arrivo degli europei ed è, allo stesso tempo, una chiara delucidazione sul fatto che le popolazioni pullulanti la foresta amazzonica non erano sempre organizzate in piccoli aggruppamenti pressoché nomadi, come si ipotizzava in tempi più remoti.