Strade deserte, negozi chiusi, edifici abbandonati e totale mancanza di case a prezzi abbordabili. Oggi, mentre un flusso straordinario di immigrati ha aumentato la già consistente popolazione di senzatetto, spingendo più di 100mila persone nei rifugi della Grande Mela, l’affitto standard di un monolocale a Manhattan ha oltrepassato i 3.300 dollari mensili.
La pandemia ha incrementato vertiginosamente questa tendenza, mettendo ulteriormente in luce due problemi post-pandemici nelle metropoli, decisamente contrastanti: la penuria di abitazioni e l’aumento di posti di lavoro vacanti.
Mentre l’attrattiva dei centri città pian piano sta calando, dando una forte batosta a gettiti fiscali e alle attività commerciali locali, il piano di offerta abitativa, destinato sia alla vendita all’affitto, è talmente scarso che le Amministrazioni pubbliche, operanti in tutti i livelli, si sono viste costrette ad intervenire.
A quali soluzioni si è pensato negli USA?
I sindaci di New York, Boston, Chicago, Los Angeles, Washington, San Francisco, Seattle, Denver e Calgary, in Canada, hanno attivato una serie di ambiziosi progetti pilota, che garantiscono agevolazioni fiscali. I Consigli comunali invece sono all’opera per ridurre le restrizioni urbanistiche, che scoraggiano le conversioni. Ad esempio, Chicago punta a convertire un milione e mezzo di metri quadrati di uffici abbandonati in centro in alloggi a reddito misto.
Tuttavia, sorgono degli ostacoli: i costi iniziali, assieme agli elevati tassi di interesse, indicano un disincentivo, specialmente se le società immobiliari, per accogliere le sovvenzioni pubbliche, devono calmierare i prezzi di una porzione dei futuri appartamenti.
E ancora, è arrivata un’altra proposta da parte della Casa Bianca: fondi a basso reddito, garanzie sui prestiti privati, sovvenzioni e incentivi fiscali federali. “I posti vacanti commerciali e di uffici in tutto il Paese hanno raggiunto il massimo da 30 anni, da una costa all’altra, e stanno danneggiando i centri urbani”, ammette l’Amministrazione Biden. Ma, permane il dubbio che le trasformazioni edili non si traducano realmente in abitazioni, che la maggioranza dei cittadini può permettersi. A New York, ad esempio, negli anni ’70 fabbriche e magazzini abbandonati sono diventati degli eleganti loft.
“Abbiamo visto aumentare la nostra popolazione. E non abbiamo tenuto il passo. Nell’ultimo decennio abbiamo creato 800mila posti di lavoro e solo 200mila nuove case. Dobbiamo trovare il modo di creare alloggi. Stiamo cercando di aggiornare le nostre regole per consentire maggiori opportunità di conversione da ufficio a residenziale”, dichiara Dan Garodnick, coordinatore dell’urbanistica di New York.
Qual è la panoramica in Canada?
Si è constatato che alcuni dei centri più vivaci del Canada possiedono estese aree di terreno residenziale inutilizzato. A comunicarlo è un rapporto di Statistics Canada, pubblicato ad ottobre 2023, che monitora anche l’incremento delicato dei costi di costruzione nelle città più importanti.
Nonostante sussistano molte ragioni che giustificano la crisi immobiliare in corso, il rapporto suggerisce che la disponibilità di terreni non è, tra queste, la principale per alcune città. Secondo lo stesso, Vancouver, Edmonton, Toronto, Ottawa-Gatineau e Halifax godevano, infatti, di lotti residenziali liberi entro i confini dei loro centri urbani dal 2021, con Ottawa-Gatineau che ha la più alta quantità di terreno residenziale libero. Altre città, d’altro canto, hanno centri città più fitti: Toronto ha solo il 2,1% dei terreni residenziali liberi nel centro, mentre a Vancouver i lotti vacanti nel centro sono solo lo 0,3%.
Un altro aspetto esaminato nel rapporto è l’aumento dei costi di costruzione: il più rilevante è stato registrato a Toronto, con un’impennata dei costi di costruzione del 74% tra il 2010 e il 2022. Nonostante ciò, l’occupazione nel settore edile è incrementata in maniera piuttosto costante, con picchi più rapidi in Ontario (oltre il 43%) e Quebec (quasi il 27%). Al tempo stesso, però, gli stipendi non hanno retto il ritmo.