Da febbraio 2024, il tennista Matteo Berrettini (27) e la showgirl Melissa Satta (38) hanno ufficialmente chiuso la loro relazione, durata solo un anno. All’epoca, Berrettini era, seppur sconfitto dalla finale di Wimbledon, lo sportivo più in voga del momento, mentre la Satta, come d’abitudine, frequentava i circoli di alto livello sociale: erano fatti per stare assieme.
Sia attraverso i social media sia per strada, Melissa Satta ha dovuto difendere la sua storia d’amore, ad oggi conclusa, con lo sportivo Berrettini, poiché tacciata di “averlo rovinato”, “di aver posto fine alla sua carriera”, “di averlo consumato”. E altre cattiverie simili (Berrettini ha saltato molti tornei, ultimamente, causa infortunio ecc.).
Come ha reagito Melissa Satta?
Ora, sul suo profilo Instagram, Melissa Satta ha condiviso un nuovo sfogo: una lettera, firmata insieme al suo legale, in cui denuncia quegli organi di stampa, in primis il Daily Mail, che hanno diffuso informazioni fasulle su di lei e per averle affibbiato addirittura l’appellativo di “sex addicted”.
Suddette parole sarebbero state poi copiate e incollate da altri media, sia nazionali sia internazionali. Pertanto lei ha deciso, con la pubblicazione dello screen delle differenti testate giornalistiche che hanno documentato la vicenda e con il tag dell’avvocato, di minacciare secche querele per chi continuerà ad elargire il falso.
Ecco la sua dichiarazione: “Ed eccomi qua, ancora una volta costretta ad assumere la mia autodifesa dinanzi al tribunale dell’inquisizione mediatica, senza aver commesso nessun “crimine”, né alcun comportamento connotato da riprovevolezza morale. Nulla! Questa volta la stampa, a proposito della mia discussa “rottura”, non ha mancato di rendere più gustosa la notizia all’evidente fine di vendere qualche copia cartacea o di guadagnare qualche click in più, definendomi come “sex addicted’”.
“Ora – prosegue – sappiate che il solo dover scrivere di me stessa riportando una definizione che mi lacera profondamente richiede una enorme forza psichica perché mi sembra di trovarmi catapultata al banco degli imputati, costretta a difendermi in un sistema perverso nel quale non vige la presunzione di innocenza, ma quella di colpevolezza, per cui, in base a questo un onere probatorio al contrario – se non sarò in grado di provare fati a mia discolpa – sarò ritenuta colpevole.(…) Non è la prima volta che mi vedo costretta a difendermi da qualche pennivendolo che, al fine di stimolare la fantasia dei lettori più sensibili al tema, non manca di inventare storie piccanti sul mio conto, senza minimamente curarsi delle sofferenza causatemi come madre, prima che come donna e come persona”.
“Stop alla violenza”
Il focus, da sé stessa, si è spostato, in seguito, sulla comunicazione: “E non voglio strumentalizzare il sessismo quale combustibile per alimentare il mio sfogo, né voglio cedere alla facile tentazione di richiamare fatti di cronaca che quotidianamente vedono donne subire i gesti insani di qualche mente disturbata, ma credo che sia tempo che la stampa si assuma le proprie responsabilità e svolga il ruolo dell’informazione secondo i consueti canoni di verità e correttezza, evitando di trasmettere messaggi, che possono sortire effetti devastanti nelle menti più labili (…).”