Il Settebello in protesta contro lo scandalo dell’arbitro contro l’Ungheria: Inno di spalle ed auto-esclusione di Condemi.
La squadra del Settebello non ci sta e si presenta di spalle durante l’Inno di Mameli dopo l’ingiustizia patita nella partita contro l’Ungheria nei quarti di finale.
Il background della vicenda e le reazioni
Durante la partita contro l’Ungheria per i quarti di finale, l’arbitro si era espresso erroneamente sulla rete di Condemi che aveva segnato il pareggio di 3 a 3, finendo per annullarlo. Il numero 6 era stato accusato di aver tirato con troppa brutalità e violenza ed era stato assegnato un tiro di rigore all’Ungheria, accompagnato dai fischi di sconcerto del pubblico presente in tribuna.
Nonostante la tenacia e l’impegno del Settebello, colpito dopo questo scandalo di direzione, la partita si è chiusa con la sconfitta dell’Italia, con la conseguente esclusione dal podio.
Poco dopo, Paolo Berelli, il presidente dell’associazione Federnuoto, si è espresso bruscamente sulla decisione dell’arbitro, definendola “scandalosa” e dichiarando che abbia volutamente falsato il punteggio davanti ad una tribuna sbalordita, testimone dell’ingiustizia subita dal Settebello italiano.
La protesta del Settebello
Nel match con la Spagna, la squadra italiana è salita a bordo vasca rivolgendo la schiena agli arbitri e alla giuria. Si sono presentati in sette, dopo la auto-espulsione volontaria di Francesco Condemi, a simboleggiare l’unità e la solidarietà verso il giocatore. Alcuni di loro si sono addirittura calati il cappuccio sul capo, in segno di protesta. Durante i primi quattro minuti della partita, il Settebello ha giocato svogliatamente e la squadra spagnola ha dimostrato spirito di fratellanza e supporto nei suoi confronti. Dal pubblico è anche sorta una standing ovation: l’irregolarità sul campo da gioco pare aver unito tutti, frantumando le frontiere che separano le nazioni.
Casi emblematici del passato
Non è la prima volta, certamente, che gli atleti si lanciano in proteste civili per i propri diritti contro l’iniquità. Caso emblematico sono i velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos che, durante le Olimpiadi del 1968 tenutesi a Città del Messico, si sono piazzati rispettivamente primo e terzo nella finale dei 200 metri piani maschili.
Sul podio, durante la premiazione, i due hanno rivolto il capo verso il basso, sollevando in aria il pugno chiuso, mostrando il paio di guanti neri che indossavano. Lo scatto, divenuto celebre, illustra il gesto di rivolta contro gli atti violenti che si stavano svolgendo in quel periodo storico nei confronti delle persone afroamericane, in lotta per far valere i loro diritti civili. Difatti, quello era lo stesso anno dell’assassinio di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Sulla stessa scia, nell’anno 2021, durante le qualificazioni olimpiche degli USA a Eugene (Oregon), la martellista Gwen Berry, sul podio per la medaglia di bronzo, ha voltato le spalle alla bandiera americana durante l’Inno, esibendo la sua maglietta con la dicitura “Atleta/Attivista”. Il gesto ha rappresentato la volontà dell’atleta di protestare contro il testo dell’Inno stesso, il quale, Berry sostiene, si riferisce agli schiavi e non include i diritti degli afroamericani negli USA.