Donald Trump, nemmeno iniziato il suo secondo mandato come presidente degli Stati Uniti, ha riacceso i riflettori sul suo approccio controverso alla politica internazionale, alimentando tensioni con paesi alleati e ventilando ambizioni di controllo su territori chiave per gli equilibri geopolitici globali.
Dalla Groenlandia al Canale di Panama, le dichiarazioni di Trump riflettono un’ideologia espansionista che mette in discussione sovranità consolidate e pone gli Stati Uniti al centro di una retorica di “diritto strategico” su risorse e territori cruciali per la sicurezza e l’economia globale.
La controversia sul Canale di Panama: “Tariffe ridicole e gestione inadeguata”
Trump ha recentemente puntato il dito contro Panama, criticando le tariffe di transito imposte alle navi americane che attraversano il Canale. Ha definito questi costi una “truffa totale” ai danni degli Stati Uniti, accusando il governo panamense di inefficienza nella gestione di una via marittima che considera di vitale importanza strategica per gli interessi economici e militari americani.
Rievocando la costruzione del canale da parte degli Stati Uniti nel 1914 e la restituzione della gestione a Panama nel 1999, Trump ha avanzato l’ipotesi di riprendere il controllo del canale qualora Panama non fosse in grado di garantire una gestione “adeguata”.
Il presidente eletto ha inoltre espresso preoccupazioni per una presunta influenza cinese sul canale, richiamando l’attenzione sulla presenza della Cina in porti strategici adiacenti.
Panama non ha tardato a rispondere con fermezza, con il presidente José Raúl Mulino che ha ribadito la sovranità del paese sul canale, definendolo un simbolo dell’indipendenza nazionale e un motore di sviluppo economico. Con un fatturato annuo record di quasi 5 miliardi di dollari, il Canale di Panama rimane una risorsa fondamentale per il paese e per il commercio globale, facilitando il 5% del traffico marittimo mondiale.
La Groenlandia e l’ambizione geopolitica americana
Il canale di Panama non è l’unica e prima volta che Trump ha guardato oltre i confini statunitensi per consolidare il potere globale americano.
Il presidente eletto è tornato a ribadire il suo interesse per la Groenlandia, definendola una “necessità assoluta” per la sicurezza nazionale americana. La dichiarazione arriva a distanza di anni dalla proposta di acquisto avanzata nel 2019, quando Trump aveva descritto l’isola, colonia danese fino al 1953 e ora territorio autonomo, come un “grande affare immobiliare”.
Pur ricevendo una risposta secca dalla Danimarca e dalla Groenlandia, che hanno dichiarato l’isola non in vendita, Trump non ha abbandonato l’idea. Recentemente, ha infatti collegato la sua nomina di un nuovo ambasciatore in Danimarca all’importanza strategica della Groenlandia, sottolineando il valore dell’isola come avamposto per la sicurezza americana e la libertà globale.
L’isola, ricca di risorse naturali e posizionata in un’area strategica nell’Artico, rappresenta una zona di crescente competizione geopolitica, soprattutto alla luce delle attività russe e cinesi nella regione.
L’ombra del 51° stato: le tensioni con il Canada
Trump non si è però limitato a Panama e alla Groenlandia. Le sue recenti dichiarazioni sul Canada hanno infiammato ulteriormente i rapporti tra i due vicini nordamericani.
Riferendosi al deficit commerciale con Ottawa, Trump ha proposto sarcasticamente che il Canada diventi il “51° stato americano“, sostenendo che molti canadesi risparmierebbero sulle tasse e sulla protezione militare.
Le dichiarazioni, già anticipate durante una cena con il primo ministro canadese Justin Trudeau, sono state accompagnate da critiche dirette alla ministra delle Finanze canadese, Chrystia Freeland, che ha recentemente rassegnato le dimissioni.
Trump ha alimentato ulteriormente le tensioni definendo Trudeau un “governatore” e suggerendo che il Canada dipenda eccessivamente dal sostegno economico e militare degli Stati Uniti.
Espansionismo o provocazione?
Le uscite di Trump riflettono una visione nazionalista della politica estera americana, in cui le relazioni internazionali si piegano a logiche di convenienza economica e controllo strategico.
Tuttavia, oltre a generare tensioni con paesi alleati, queste dichiarazioni sembrano mirare a rafforzare la sua immagine politica interna, alimentando un dibattito polarizzante su sovranità e sicurezza nazionale.
Dalla Groenlandia al Canale di Panama, passando per il Canada, Trump ha trasformato questioni storiche e geopolitiche in strumenti di retorica politica. Se le sue parole siano destinate a tradursi in azioni concrete o restino semplici provocazioni è una domanda che il futuro dell’amministrazione Trump si troverà a dover rispondere. Ma nel frattempo, il panorama internazionale si prepara a fare i conti con una visione sempre più assertiva e controversa della leadership americana.