Curiosità

Il dilemma del prosciutto cotto: perché il miglior prosciutto cotto non si può definire tale

Il miglior prosciutto cotto non si può chiamare “prosciutto cotto”. E noi vi spieghiamo di seguito perché.

Il prosciutto cotto è uno dei salumi più apprezzati dagli italiani: gustoso, versatile e presente in innumerevoli ricette. Tuttavia, il “miglior prosciutto cotto” potrebbe non portare questo nome, come sottolinea Daniele Paci, esperto di alimentazione e salute.

La legislazione italiana, infatti, impone requisiti specifici per l’uso del termine “prosciutto cotto”, tra cui l’obbligo di aggiungere nitriti come conservanti. Questo vincolo esclude dalla denominazione quei prodotti di alta qualità che scelgono di non utilizzare nitriti, aprendo un dibattito su cosa significhi davvero eccellenza in questo settore.

Cosa rende un prosciutto cotto “di qualità”?

La legislazione italiana distingue tre categorie di prosciutto cotto. Primo il prosciutto cotto di alta qualità, quello più pregiato, con un tasso di umidità massimo del 76,5%, realizzato con cosce intere e con un contenuto di carne magra molto vicino a quello della coscia fresca.

Per secondo abbiamo il prosciutto cotto scelto, il quale ha un tasso di umidità fino al 79,5%, con una leggera perdita di consistenza e un maggiore contenuto di acqua.

Ed infine il prosciutto cotto “generico” che può contenere fino all’82% di umidità e ingredienti di qualità inferiore rispetto alle altre due categorie.

Il parametro fondamentale per tutte le categorie è l’uso di nitriti di sodio (E250) come conservanti. Questi additivi prevengono la formazione di batteri patogeni come il Clostridium botulinum, stabilizzano il caratteristico colore rosa della carne e garantiscono una maggiore durata del prodotto. Nonostante il loro ruolo cruciale nella sicurezza alimentare, i nitriti sono anche al centro di preoccupazioni per la salute, poiché possono trasformarsi in nitrosammine, composti potenzialmente cancerogeni.

I produttori innovativi e l’assenza di nitriti

Negli ultimi anni, alcuni produttori hanno iniziato a sperimentare metodi alternativi per conservare il prosciutto cotto, utilizzando estratti vegetali ricchi di nitrati (ad esempio spinaci o sedano) o tecniche innovative per mantenere la freschezza. Tuttavia, secondo la normativa europea, anche questi nitrati naturali vengono classificati come additivi, poiché svolgono una funzione analoga ai nitriti.

Ciò che distingue davvero questi prodotti è l’assenza di conservanti artificiali. Paradossalmente, però, i produttori che scelgono di eliminare i nitriti non possono usare la denominazione “prosciutto cotto”. Questo li spinge a ricorrere a nomi alternativi, come “prosciutto al forno” o “coscia arrosto”. Questo limite normativo penalizza chi lavora per offrire un prodotto più naturale e di alta qualità, ma meno conforme agli standard ufficiali.

Secondo Daniele Paci, l’obbligo di utilizzare nitriti per definire un salume “prosciutto cotto” è un requisito obsoleto. Se da un lato garantisce sicurezza alimentare nei prodotti di massa, dall’altro limita la libertà dei produttori artigianali e innovativi di creare un prosciutto cotto senza additivi chimici.

Un aspetto critico è che i produttori che scelgono di non utilizzare nitriti non sono vincolati a seguire tutte le rigide regole di produzione del prosciutto cotto tradizionale. Questo apre la porta a potenziali discrepanze nella qualità, con alcuni salumi che potrebbero non rispettare standard elevati, pur vendendosi come “naturali”.

Paci propone di rivedere la legislazione eliminando l’obbligo dei nitriti, mantenendo comunque requisiti stringenti per quanto riguarda la qualità e la sicurezza alimentare. Questo permetterebbe ai produttori di alta qualità di etichettare il loro prodotto come “prosciutto cotto” pur utilizzando metodi più naturali di conservazione.

Allo stesso tempo, il consumatore sarebbe meglio informato e in grado di scegliere tra prodotti tradizionali e innovativi.

Classifiche e qualità: come scegliere il miglior prosciutto cotto

Secondo test recenti, i prosciutti cotti di alta qualità dominano le classifiche di gusto e sicurezza. Tra i migliori figurano:

  • Parmacotto Azzurro (punteggio 69 su 100), considerato il migliore del test per qualità complessiva.
  • Casa Modena Liberamente, scelto per il miglior rapporto qualità/prezzo.
  • Negroni Cotto Stella e Fratelli Beretta Puro Beretta, che si distinguono per l’assenza di polifosfati e un uso ridotto di conservanti.

Tuttavia, anche tra questi, molti contengono nitriti, evidenziando la sfida di trovare prodotti naturali e allo stesso tempo conformi alla normativa.

Il miglior prosciutto cotto, paradossalmente, potrebbe non essere chiamato tale. Questo paradosso nasce dall’attuale normativa, che privilegia l’uso di conservanti chimici a scapito delle alternative naturali. Consumatori e produttori sono quindi bloccati tra tradizione e innovazione.

Una riforma normativa potrebbe aprire la strada a una maggiore trasparenza e a prodotti più sani, senza compromettere la qualità o la sicurezza alimentare. Fino ad allora, il consiglio è quello di leggere attentamente le etichette e scegliere prodotti che rispettino i propri valori in termini di salubrità e gusto.

Barbara Soehner

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