La storia di Imago Mundi, la mappa più antica del mondo: un mondo mistico oltre i confini del reale

Gli archeologi hanno decifrato il mistero di una tavoletta d’argilla risalente a 3000 anni fa, considerata la “mappa più antica del mondo”.

La mappa, denominata Imago Mundi, è incisa su una piccola tavoletta di argilla che risale al periodo babilonese (circa 600 a.C.) e raffigura non solo il territorio conosciuto dell’epoca, ma anche una serie di terre e creature mistiche che si trovavano “oltre” i confini dell’impero. La mappa è stata scoperta  nella città di Sippar, situata nell’attuale Iraq, e presenta una visione geografica che va oltre la semplice rappresentazione del territorio fisico, offrendo uno sguardo sui miti e le leggende che popolavano l’immaginario babilonese.

Un mondo mistico oltre i confini del reale: la storia di Imago Mundi

La caratteristica più sorprendente della mappa è l’inclusione di luoghi misteriosi e leggendari che i babilonesi credevano esistessero oltre le terre che conoscevano. Queste “terre lontane” erano popolate da creature mitiche e divinità, e rappresentavano simbolicamente i confini tra il mondo civilizzato e l’ignoto. La mappa menziona regioni denominate “Paese della Neve” e “Paese delle Tenebre”, suggerendo che i babilonesi immaginassero un mondo ben più vasto e misterioso di quello che erano in grado di esplorare.

Gli studiosi che hanno decifrato la tavoletta hanno rilevato che le terre mistiche non erano solo geografiche, ma avevano un significato profondamente simbolico. Erano abitate da creature che rappresentavano le forze della natura e gli elementi sconosciuti, come mostri marini, draghi e bestie alate. Questi esseri mitologici non erano semplici figure decorative, ma simboleggiavano le paure, le speranze e le credenze spirituali dei babilonesi.

Ad esempio, la presenza di un grande drago marino su uno dei margini della mappa potrebbe rappresentare il caos delle acque primordiali che, secondo la mitologia mesopotamica, erano state sconfitte dagli dei per creare l’ordine. Questa fusione di geografia e mitologia dimostra come i babilonesi non vedessero una netta separazione tra il mondo naturale e quello sovrannaturale, ma piuttosto un continuum in cui i due piani si intrecciavano continuamente.

Per decenni, la funzione e il significato di questa mappa hanno lasciato perplessi gli studiosi. Molti la consideravano una rappresentazione geografica rudimentale, ma la recente decifrazione di alcuni testi accanto alla mappa ha chiarito che essa era, in realtà, una sorta di “guida spirituale” o cosmologica. Le iscrizioni descrivono non solo i luoghi fisici ma anche il viaggio che l’anima poteva intraprendere attraverso queste terre per raggiungere la saggezza e la comprensione.