Come la numero 10 partita dall’Istrana è diventata la prima e unica italiana inserita tra le 30 nominate al Pallone d’Oro
Il calcio femminile italiano ha una genealogia precisa, fatta di record, scudetti e reti che hanno forgiato l’immaginario prima ancora che arrivassero telecamere e palchi globali. In questa genealogia, i primi due nomi sono quelli di Carolina Morace e Patrizia Panico.
Morace – attaccante totale, poi allenatrice e prima donna nella Hall of Fame del calcio italiano – ha segnato 105 gol in 153 presenze con la Nazionale, sfiorando due Europei (1993 e 1997) e vantando un palmarès irripetibile: 12 scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa, 12 titoli di capocannoniere (11 consecutivi). La sua traiettoria, che unisce laurea in giurisprudenza, panchine azzurre e un pionieristico passaggio nel professionismo maschile con la Viterbese, ha dato al movimento un volto credibile e competitivo quando i riflettori erano ancora altrove.
Subito dopo, a ereditare quella soglia e a spostarla più in là, è arrivata Patrizia Panico: quattordici volte capocannoniere in Serie A, 23 titoli di club complessivi (di cui 10 scudetti, 5 Coppe Italia, 8 Supercoppe), primatista azzurra per presenze (204) e reti (110), bomber europea capace di toccare le semifinali di Women’s Cup e di diventare capocannoniere in Champions 2007-08. Con 31 reti in 38 presenze è anche l’italiana più prolifica nella storia della UEFA Women’s Champions League. Da tecnica, ha varcato un altro confine: prima donna a guidare una rappresentativa maschile italiana, tra Under 16 e Under 15, e oggi vice all’Olympique Lione.
Morace e Panico non sono solo “albori”: sono scala metrica. Hanno trasformato il talento in numeri da fuoriserie, così ingombranti da costringere chiunque arrivi dopo a misurarsi con standard quasi impossibili. Ed è precisamente dentro questa eredità che si comprende la portata del nome che ha proiettato l’Italia sul palco più prestigioso.
Dalla Hall of Fame a Parigi: chi è Manuela Giugliano, prima italiana candidata al Pallone d’Oro femminile
Manuela Giugliano è la risposta di una generazione cresciuta in un’Italia che ha imparato a riconoscere il valore tecnico delle proprie calciatrici. Prima e unica italiana tra le 30 nominate al Pallone d’Oro femminile, Giugliano porta un segnale che va oltre la statistica: l’Italia calcistica può rivendicare una numero 10 che illumina stadi e classifiche, al punto da meritare le congratulazioni ufficiali della FIGC femminile.
Capitana della Roma, 27 anni, due scudetti negli ultimi due anni giallorossi e due Coppe Italia, 85 presenze e 11 reti in Nazionale, migliore calciatrice della Serie A per due stagioni consecutive: il suo curriculum racconta solidità, leadership e una qualità tecnica che vive di visione, dribbling, tempi di gioco e una crescita nelle incursioni e nelle conclusioni. Nata a Castelfranco Veneto, si è fatta le ossa tra Istrana e Barcon in C, in A col Pordenone, poi Torres, Mozzanica, Atlético Madrid, Verona, Brescia, Milan, fino all’approdo del 2019 alla Roma. Con le giallorosse ha vissuto l’esordio europeo in Champions, una storica qualificazione ai quarti, la Supercoppa e i primi due scudetti della storia del club; nel frattempo ha rinnovato fino al 2028, firmando anche premi individuali (dal Pallone Azzurro 2015 al Gol dell’anno 2023, fino alla consacrazione 2023-24 come miglior giocatrice del torneo).
Sulla corsa al trofeo, Giugliano è stata la prima a riconoscere che il Pallone d’Oro si vince con trofei e caratura internazionale: le favorite restavano le spagnole del Barcellona, Aitana Bonmatí (a caccia del bis dopo il 2023) e Alexia Putellas (regina 2021 e 2022). Ma il punto, qui, non è la vittoria. È l’ingresso: dopo che il premio, nato nel 1956 per gli uomini, dal 2018 parla anche al femminile, nessuna italiana era mai entrata nelle nomination fino a settembre 2024, quando Giugliano ha scritto una prima pagina chiudendo poi al 27º posto.
In un’Italia che ha imparato a misurarsi con i parametri alti fissati da Morace e Panico, Manuela Giugliano è l’anello di congiunzione: la dimostrazione che quei numeri titanici non sono un’eccezione irripetibile ma un orizzonte. Se il maschile oggi fatica a frequentare stabilmente l’élite planetaria, il femminile ricorda al Paese che la storia non è solo passato: è anche adesso. E adesso, per la prima volta, c’entra davvero il Pallone d’Oro.