Una ricerca Deloitte rivela che la Gen Z preferisce i creator di TikTok e Instagram alle grandi produzioni di Hollywood
C’era un tempo in cui l’intrattenimento aveva un ritmo preciso. La sera, dopo cena, nelle case si accendeva la televisione. Poi arrivarono le piattaforme di streaming, e per un attimo sembrò che la rivoluzione fosse compiuta: tutto on demand, tutto subito, tutto personalizzabile. Oggi, secondo il rapporto Digital Media Trends 2025 di Deloitte, i giganti dello streaming si trovano in difficoltà. Il motivo non è la concorrenza tra di loro, ma quella con un nemico ancora più agile e ubiquo: i social video.
TikTok, YouTube, Instagram e Twitch stanno divorando il tempo libero di miliardi di persone. Ogni americano, in media, dedica sei ore al giorno ai media e all’intrattenimento. Se qualcuno guadagna minuti, qualcun altro li perde. E negli ultimi anni, a perderli sono stati i film, le serie, la televisione, perfino i videogiochi. La Generazione Z passa il 54% di tempo in più della media sui social e sui contenuti generati dagli utenti, e il 26% in meno davanti a film o programmi tradizionali. In altre parole, l’attenzione è migrata verso l’ecosistema dei creator.
La televisione a pagamento, una volta immutabile, è ormai in caduta libera. Solo il 49% delle famiglie statunitensi mantiene un abbonamento via cavo o satellitare (era il 63% tre anni fa). Tra i giovani, quasi uno su quattro pensa di cancellarlo entro l’anno. I motivi sono chiari: costi troppo alti e un’esperienza pubblicitaria sempre più frustrante. Le piattaforme streaming, da Netflix a Disney+, non se la passano molto meglio. I costi di produzione crescono, ma la percezione di valore diminuisce. Il 41% degli utenti ritiene che i contenuti “non valgano il prezzo” e quasi la metà dice di pagare troppo.
Così, il pubblico fa quello che l’algoritmo gli consiglia: cambia piattaforma, cerca offerte, guarda altrove. Negli ultimi sei mesi, il 39% degli utenti ha cancellato almeno un abbonamento SVOD; tra Gen Z e millennial la percentuale supera il 50%. La concorrenza non è più tra Netflix e Prime Video, ma tra Netflix e un’infinità di video brevi, accessibili, iper-personalizzati e soprattutto gratuiti.
Mentre Hollywood investe milioni in serie che richiedono anni di lavorazione, TikTok suggerisce milioni di micro-video ogni giorno, ognuna calibrata sull’umore del momento. La differenza non è solo economica: è culturale. I social non chiedono attenzione lunga, ma frammenti di curiosità; non promettono qualità cinematografica, ma autenticità. E in un mondo di utenti stanchi, sovraccarichi di offerte, l’autenticità batte la produzione.
Dal cinema a TikTok: l’autenticità dei creator come nuova forma di intrattenimento
Il trend è chiaro: il centro dell’intrattenimento si è spostato. Non è più Hollywood a definire le tendenze globali, ma un esercito di creator indipendenti, capaci di parlare direttamente a milioni di persone. Il 56% della Generazione Z e il 43% dei millennial considerano i video dei social più rilevanti di film e serie TV. Circa metà dei giovani intervistati afferma di sentirsi più vicino ai creator che agli attori. È un legame emotivo, parasociale, costruito sulla percezione di autenticità: chi racconta la propria vita, i propri fallimenti e le proprie gioie su TikTok appare più “vero” di chi recita un copione in uno studio di Los Angeles.
Questo ribalta l’intero concetto di celebrità. Per decenni, la fama era verticale: pochi attori, cantanti e registi dettavano l’immaginario a milioni di spettatori. Oggi è orizzontale, distribuita: micro-famose, nicchie tematiche, piccoli mondi autosufficienti che parlano la lingua del pubblico e lo fanno senza filtri. In questa realtà, la comunicazione pubblicitaria cambia volto. Il 63% dei Gen Z e il 49% dei millennial afferma che le recensioni e le pubblicità viste sui social influenzano di più le loro decisioni d’acquisto rispetto agli spot televisivi. È un’adesione di fiducia, più che di consumo.
Eppure, le serie di qualità e i grandi film continuano a esistere e ad avere un pubblico, ma la loro forza non basta più da sola. Devono farsi scoprire sui social. Il 56% dei giovani guarda film o serie su piattaforme streaming dopo averne sentito parlare da un creator. In altre parole, i social sono diventati la vetrina del cinema e della TV: il punto di partenza del passaparola.
Il futuro dell’intrattenimento non sarà più definito dal formato, ma dal linguaggio. Il film da due ore e il video da venti secondi convivranno, ma a condizioni nuove: l’utente deciderà dove, come e da chi farsi raccontare le storie.