Un preoccupante aumento del 36% dei sintomi associati a disturbi alimentari e un boom dei ricoveri, aumentati del 48%, in periodo di pandemia: è questol’effetto domino che la pandemia da Covid-19 ha generato in pazienti con disturbi alimentari tra cui rientrano bulimia, anoressia nervosa e altre patologie cibo-correlate.

Questi i risultati emersi da studio appena pubblicato dall’ “International Journal of Eating Disorder”, attraverso una revisione di circa 53 ricerche condotte sul tema che ha coinvolto complessivamente oltre 36 mila pazienti, nel 90% dei casi donne, con un età media di 24 anni.

L’alterazione delle abitudini alimentari caratterizzate dal desiderio di ‘accaparramento’ di più cibo per timore di carestia legata al lockdown, da pasti poco strutturati e da sensibili aumenti di peso è stata la punta dell’iceberg di una fragilità psico-emotiva rimasta sommersa e caratterizzata da sentimenti di forte solitudine, abbandono e allontanamento dal contesto reale, peggioramento dell’umore, idee suicidarie, atti di autolesionismo,

Uno scenario per altro anticipato e confermato da una indagine multicentrica condotta in Italia su persone con disturbi alimentari pubblicata sul “Journal of Affective Disorders” nel 2021.

Il parere degli esperti

“Potremmo definirla una ‘fame di cibo e dell’anima’, un male del fisico e della mente che conferma la stretta relazione fra cervello e intestino, cui i pazienti con disturbi alimentari più esposti a depressione e ansia sono maggiormente sensibili rispetto alla popolazione generale” spiega Matteo Balestrieri, co-presidente della Sinpf e professore ordinario di psichiatria all’Università di Udine, aggiungendo: “Ad aggravare il quadro della salute mentale e metabolica, anche la difficoltà di accesso alle cure, i contatti da remoto con i medici referenti, le incertezze correlate alla pandemia, i cambiamenti della normale routine, la perdita di punti fermi strutturale, e di contatti sociali, l’influenza negativa dei media”.

Conclude Balestrieri:“Rapporto alterato con il cibo, disagio psichico, limitazione di accesso alle cure sono un ‘trinomio’ drammatico per i pazienti con disturbi alimentari. Lo vedevamo ogni giorno nella ‘real life’, oggi è confermato dagli studi: il contesto pandemico, l’isolamento, la perdita di punti fermi, l’incertezza del futuro hanno acuito le fragilità di questa classe di pazienti che nel quotidiano si sono tradotte nella ricerca di più cibo, quale atto compensatorio e premiante dell’incapacità di accettare e gestire il cambiamento repentino della routine e le conseguenze che Covid ha generato”.