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Arriva la svolta green in Europa: il Parlamento Europeo ha approvato la proposta della Commissione europea che prevede il divieto per le case automobilistiche di produrre e vendere auto a benzina o diesel a partire dal 2035.

Un cambio di rotta deciso e radicale, dunque, che però ha incontrato anche qualche opposizione. Il PPE (Partito Popolare Europeo) aveva presentato un emendamento che prevedeva una “quota 90 per cento”, al fine di introdurre un divieto graduale nel tempo e permettere contestualmente al 10% delle auto benzina/diesel di essere commercializzate.

Il presente emendamento è stato tuttavia bocciato e la proposta della Commissione è passata con 339 voti a favore e 249 contrari. Si tratta comunque, è giusto ribadirlo, di una misura non ancora definitiva: nei prossimi mesi sarà decisiva la negoziazione all’interno del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo in cui sono rappresentati i governi dei 27 paesi dell’Unione.

L’ambizioso piano europeo contro il cambiamento climatico

Questo provvedimento si inserisce in un quadro più ampio, all’interno del piano presentato dall’Unione europea si chiama “Fit for 55” (“Pronti per il 55”), presentato dalla Commissione europea lo scorso luglio. Gli obiettivi del piano sono ambiziosi: ridurre entro il 2030 le emissioni del 55 per cento e poi a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050.

All’interno di questo piano due sono gli elementi centrali che dovranno favorire la transizione climatica. Uno di questi è l’Emissions Trading System (Sistema di scambio delle emissioni, ETS), uno strumento già esistente dal 2004 che pone un limite complessivo alle emissioni di circa 11 mila centrali energetiche e industrie in tutta Europa e parallelamente crea un mercato che consente a queste centrali energetiche di scambiarsi delle quote, in modo che se un’industria inquina di più possa comprare quote da quelle che inquinano di meno.

Così come è strutturato il sistema, tuttavia, non ha avuto i risultati sperati. Per questo la Commissione vuole ora rilanciare questo strumento ampliando la platea di soggetti interessati.

Altro strumento cardine del programma è il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), un sistema che obbliga le imprese che intendono importare i loro prodotti in Europa a pagare per le emissioni che producono. Questo meccanismo riguarderà settori come acciaio, del cemento, dell’alluminio e dei fertilizzanti.

C’è da dire, comunque, che entrambi gli strumenti così come prospettati non sono stati approvati dal Parlamento e quindi si attende un confronto nelle prossime settimane per giungere ad un punto d’incontro.