È stato incarcerato in Polonia il 28 febbraio 2022, più di un anno fa, e il processo non è ancora stato svolto.
Pablo Gonzaléz è un giornalista spagnolo che stava documentando la situazione dei profughi ucraini al confine con la Polonia quando è stato arrestato. Da quel momento tutti sembrano essersi dimenticati di lui, il processo viene rimandato continuamente e il caso ha mobilitato organizzazioni tra cui Reporter senza Frontiere e Amnesty senza però raggiungere il clamore mediatico fuori dalla Spagna.
Il giornalista sarebbe accusato di essere una spia di Putin per aver documentato la guerra nelle Repubbliche popolari del Donbass prima del 24 febbraio 2022. È stato quindi segnalato alle autorità polacche e ai servizi ucraini per poi essere arrestato. La giustificazione dell’arresto sarebbe stato il doppio passaporto russo-spagnolo.
Gonzaléz è ora in carcere e gli è stato assegnato lo stato di massima pericolosità.
Contribuisce alle accuse il fatto che il giornalista sia figlio di Pavel Rubtsov, russo esiliato come conseguenza della guerra civile spagnola.
La moglie, Ohiana Gioiriena, sostiene che tra i motivi dell’arresto ci siano anche ragioni politiche: il giornalista collabora con testate ascrivibili alla sinistra extraparlamentare spagnola.
Ad aggravare la situazione è la posizione del governo spagnolo, che giudica le azioni della Polonia come “entro i termini di legge”.
Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares assicura di aver verificato il rispetto dei diritti fondamentali da parte della Polonia e considera “normale” il trattamento ricevuto dal giornalista spagnolo.
Sembrerebbero esserci motivi politici dietro l’atteggiamento accomodante del ministro che dichiara: “Nessun governo europeo in questo momento vuole fare pressioni sulla Polonia, per via del suo ruolo chiave nel conflitto, sia per le forniture di armi che per l’accoglienza ai profughi. È inattaccabile”.
Le condizioni attuali di Pablo Gonzaléz
È una situazione di completo abbandono quella in cui sta vivendo Pablo Gonzaléz. Non solo il governo spagnolo non vede nulla di irregolare nelle azioni della Polonia, ma anche i medi di comunicazione sembrano disinteressarsi al caso del giornalista e alle sue condizioni attuali.
Pablo Gonzaléz vive in una situazione di isolamento vero e proprio, gli è concesso di uscire dalla cella solo per un’ora al giorno ammanettato. Ha potuto vedere sua moglie solo una volta, a novembre e per sole due ore, mentre le figlie non lo vedono da più di un anno. L’unico modo per comunicare con l’esterno sono delle lettere, che vengono controllate dalle autorità polacche costantemente. Finora Gonzaléz ha potuto inviare circa cinque lettere, e per i primi 6 mesi di prigionia non gli è stato permesso nemmeno di comunicare con il suo avvocato.
Solo il 13 novembre, 200 giorno dopo l’arresto, il giornalista ha potuto denunciare la sua situazione e le sue condizioni al Tribunale Europeo di Diritti Umani di Strasburgo.
Dopo l’incontro con la moglie, è stata annunciata la proroga del processo e le prove contro di lui non sono ancora state rese note.
Il giornalista ha presentato all’Ombudsman polacco, in questa occasione Gonzaléz dichiara di essere scarsamente alimentato, quando la moglie lo è andato a trovare a novembre si parlava di una perdita di peso di almeno 20 kg. Denuncia di essere trattato con procedure umilianti e dichiara che la cella in cui vive è umida e malsana, senza ventilazione né possibilità di aprire la finestra, ciò causerebbe la formazione di muffe sui muri. Racconta anche che d’estate la plastica attaccata al vetro e la mancanza di ventilazione provocano un effetto sauna che peggiora ulteriormente le condizioni di vita dentro la cella.