Il “doomscrolling” è un termine che è emerso negli ultimi anni e indica quella tendenza di leggere contenuti online negativi, come notizie deprimenti, tragedie, disastri naturali e altri eventi sconvolgenti, in modo ossessivo e compulsivo attraverso dispositivi digitali. Il neologismo è stato accolto dall’Oxford Dictionary nel 2020 e Mark Barabak del New York  Times ha descritto il doomscrolling come “una quantità eccessiva di tempo sullo schermo dedicato all’assorbimento di notizie distopiche“.

D’altronde chi di noi durante la pandemia non aspettava altro che il bollettino quotidiano sul numero di decessi solo per scoprire che erano in aumento giorno dopo giorno? E quante sono state le notti insonni trascorse a leggere notizie su quanto velocemente il mondo si stia avviando verso il collasso?

Il punto è che se continuiamo a leggere continuamente notizie sui pericoli e le tragedie del nostro mondo finiremo per convincerci che stiamo davvero a un passo dalla morte.

Così facendo ci sentiremo sempre più minacciati, infelici e sfiduciati. Eppure viviamo nell’era più prospera, pacifica e sicura dell’umanità. Si sa un albero che cade farà sempre più rumore di un’intera foresta che cresce ma perché tale paradosso?

Spiegazione scientifica e effetti sulla salute

Una delle principali conseguenze del doomscrolling è l’effetto negativo sulla salute mentale. Informarsi è un bene ma a lungo andare il desiderio incessante di notizie deprimenti può aumentare l’ansia, la depressione e lo stress.

Su un articolo pubblicato dall’Humanitas Research Hospital, gruppo privato ospedaliero e di ricerca milanese, si legge che “la pandemia di Covid-19 ha attivato in tutti noi la paura del contagio, della morte, della catastrofe imminente”.  Chi è più vulnerabile? “Il doomscrolling si manifesta in particolar modo in tutte quelle persone che soffrono, o sono predisposte a soffrire, di disturbi di ansia e che hanno più probabilità di sviluppare meccanismi legati al controllo come gestione dell’ansia”.

Si diventa ipocondriaci mediatico-digitali senza quasi accorgersene. “La mancanza di consapevolezza circa il problema può portare a non rendersi conto di questa cattiva abitudine che, a lungo andare, influenza le nostre giornate, facendo insorgere una costante sensazione di angoscia. Come spesso accade con i disturbi di natura psicologica, non sempre siamo consapevoli di fare doomscrolling“, afferma la psicologa Elsa Morante. Quando lo facciamo “rinforziamo la sensazione di angoscia correlata al bisogno di controllo su cose che, in ogni caso, non potremmo controllare, come accadimenti pericolosi per noi e per i nostri cari”. Tutto ciò “può, nel caso di problemi psicologici severi, causarne un peggioramento con manifestazioni di calo del tono dell’umore e un aumento di ansia e disturbi del sonno”. Tanto più che gli algoritmi che governano il web e i social moltiplicano gli stimoli: ripropongono “le notizie su cui ci soffermiamo maggiormente”, così, “se tendiamo a cercarne ossessivamente di negative, ci proporrà sempre più spesso quelle cattive”.

Esiste una “cura” al doomscrolling?

Sì, possiamo venirne fuori. Avere consapevolezza del problema è il primo passo, ma per ripristinare un equilibrio nella nostra vita online è quantomai importante stabilire limiti di tempo da dedicare ai social media e alle notizie.

Dello stesso avviso è Ariane Ling, psicologa allo Steven A. Cohen Military Family Center del NYU Lanogone Health, che ne ha discusso sul  World Economic Forum.

“Bisogna imporsi dei limiti”, spiega Ling, “darsi il permesso di scorrere le notizie mezz’ora al mattino, qualche minuto al pomeriggio, ma non di più”. E quando si ha la tentazione di prendere in mano il telefono, provare a sostituirla con qualcos’altro: “Leggere, cucinare, allenarsi: sono tutte alternative più sane al doomscrolling”.