L’Azerbaijan ha lanciato delle “attività antiterrorismo” nella regione del Nagorno Karabakh, abitata da una maggioranza etnica armena ma situata all’interno dei confini azeri, con l’obiettivo di “ripristinare l’ordine costituzionale della Repubblica dell’Azerbaijan”.
Questo è quanto ha annunciato il ministro della Difesa di Baku, giustificando l’attacco come autodifesa.
La vicenda rievoca il caso russa-ucraina e desta preoccupazioni in Europa.
Il ministro accusa infatti le forze armene di aver “sistematicamente bombardato” posizioni dell’esercito dell’Azerbaijan e di aver quindi risposto con “un’azione locale anti terrorismo per disarmare e assicurare il ritiro di formazioni dell’esercito armeno dal nostro territorio”.
Ma il ministero della Difesa dell’Artsakh, la repubblica autoproclamata dalla popolazione armena in Nagorno Karabakh, ha respinto le accuse.
“Il cessate il fuoco è sempre stato rispettato“. L’accusa di averlo violato e ferito due soldati azeri “è falsa e non corrisponde ai fatti”, afferma il ministero.
“Stiamo assistendo a come l’Azerbaijan si sta muovendo per l’eliminazione fisica della popolazione civile e la sua distruzione”, ha sottolineato in una dichiarazione all’Ansa Sergei Ghazaryan, ministro degli Esteri del governo del Nagorno Karabakh.
“Abbiamo ripetutamente informato gli attori internazionali che le sole chiamate non fermeranno l’Azerbaijan dai suoi atti belligeranti e criminali. Chiediamo alla comunità internazionale di adottare misure efficaci molto rapidamente per fermare l’aggressione”, ha aggiunto. Sulla questione è intervenuto anche il primo ministro armeno, Nicol Pashinian, che ha parlato di una “operazione di pulizia etnica“.
Le risposte della comunità internazionale non tardano ad arrivare.
Il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha definito “vergognosa” l’operazione dell’Azerbaijan.
Arrivano le prime condanne anche dall’Europa e Parigi chiede la convocazione d’urgenza di una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Alle radici delle tensioni tra Azerbaijan e Armenia
Il problema nasce dal fatto che il Nagorno-Karabakh è riconosciuto a livello internazionale come territorio dell’Azerbaijan, ma ha una popolazione prevalentemente armena che ha resistito al dominio azero per più di un secolo.
Dopo la rivoluzione russa del 1917,il territorio del Nagorno Karabakh venne rivendicato sia dagli armeni (che all’epoca costituivano il 98% della popolazione), sia dagli azeri. Ma fu solo con la conquista bolscevica del 1920 che il territorio venne assegnato, per volere di Stalin, all’Azerbaijan e nel 1923 venne creata l’Oblast’ Autonoma del Nagorno Karabakh.
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica tra la fine degli anni 1980 e l’inizio degli anni 1990, la questione del Nagorno Karabakh riemerse.
Nel 1991, la regione di circa 150.000 persone ha dichiarato l’indipendenza e da allora si è governata – con il sostegno armeno – come Repubblica non riconosciuta di Artsakh.
Ma le tensioni tra Azerbaijan e Armenia nel Nagorno-Karabakh non sono mai cessate. E spesso sono culminate in crudeltà a cielo aperto.
Già nel 2020 Denis Krivosheev, direttore delle ricerche di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale, dichiarò: “La depravazione e la mancanza di umanità delle torture documentate dai video che stanno circolando mostrano l’intenzione deliberata di causare danni e umiliazioni alle vittime, in chiara violazione del diritto internazionale umanitario“.
C’è chi tenta di dare una spiegazione affermando che si tratta di un interminabile conflitto di natura religiosa. Mentre infatti gli azeri sono per la maggioranza musulmani, l’Armenia è a maggioranza cristiana ma, come spesso accade in questi casi, dietro il simulacro religioso si celano ben altri motivi.
Dietro le cosiddette “attività antiterrorismo”, l’Azerbaijan cerca un solo obiettivo: costringere l’Armenia a riconoscere la sua sovranità sul Nagorno-Karabakh.