‘The Brutalist’, a chi è ispirato il film che ha vinto il Leone d’Argento a Venezia? Chi è stato László Tóth?

‘The Brutalist’: capolavoro di Brady Corbet sul rapporto tra interiorità umana ed architettura, è candidato al Leone d’Oro.

Si è aggiudicato il Leone d’argento per la miglior regia alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed ora è in concorso per il Leone d’Oro. ‘The Brutalist’ (2024) è la magistrale storia dell’architetto di origini ebree-ungheresi László Tóth (Adrien Brody) che, sfuggito all’Olocausto, si trasferisce con la moglie Erzsébet (Felicity Jones) negli Stati Uniti alla ricerca di fortuna e lavoro.

Sinossi ed ispirazione

Negli USA, László fa la conoscenza di Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce), un business man che gli propone un maestoso progetto architettonico, dopo che costui ha avuto modo di osservare il suo potenziale nell’architettura e nel design. Si tratta di una costruzione imponente, che abbia al suo interno una biblioteca, una palestra ed includa anche un auditorium, tutto in stile brutalista (corrente architettonica degli anni ‘50 del Novecento, caratterizzata dall’uso di cemento in forme e linee brusche e squadrate, in modo da dare l’effetto di ‘vigore’ architettonico tra l’aspetto esteriore e il materiale utilizzato).

Il passato di Tóth è ciò che affascina maggiormente l’imprenditore, che scopre che in Ungheria si era diplomato alla scuola Bauhaus, prestigiosa sede di arte e design.
L’architetto dedica anima e corpo all’edificazione del progetto, tuttavia gli costerà la sua stessa vita e il risultato finale rispecchierà i tormenti interni che ancora si porta addietro.

L’idea è stata ispirata dal trattato di Jean Louis Cohen ‘Architecture in Uniform’, che poneva in relazione la costruzione e l’aspetto degli edifici con i traumi e lo shock subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, sono evidenti i riferimenti al film ‘La fonte meravigliosa‘ del 1949 diretto da King Vidor, basato sull’omonima opera letteraria di Ayn Rand.

Il legame architettura-essere umano

Il film è affascinante soprattutto dal punto di vista estetico: è la stessa architettura ad esserne il personaggio assoluto, quei design così particolari che fanno rimanere di stucco, una forma d’arte complessa e di ardua realizzazione. La pellicola illustra anche la forza di volontà, la fatica e la dedizione della professione di architetto, e il suo rapporto con l’interiorità dei protagonisti.
Le opere presenti sono state realizzate da zero da Judy Becker, scenografa candidata agli Oscar per la migliore scenografia con ‘American Hustle – L’apparenza inganna’ (2013).

Nonostante sia una storia fittizia, lo stile dell’immaginario László Tóth è riconducibile ad un mix di tre architetti dell’epoca: Paul Rudolph per le facciate e le imponenti strutture, Louis Kahn per i tagli di luce degli ambienti e Marcel Breuer per le linee.
The Brutalist’ è stato accolto positivamente dalla critica e, nonostante la sua notevole durata (3 ore e 20 minuti), è stato acclamato come uno dei film migliori di quest’anno.