Un sacchetto di biglie: la straordinaria storia vera di due fratelli in fuga verso la libertà

Un sacchetto di biglie, tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Joffe, racconta la storia vera di due fratelli ebrei in fuga verso la libertà.

Un sacchetto di biglie (2017), diretto da Christian Duguay, porta sul grande schermo la struggente autobiografia di Joseph Joffo (1931-2018), scritta nell’omonimo romanzo pubblicato nel 1973.

Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il film racconta la storia drammatica di due fratelli ebrei costretti a separarsi dalla famiglia e attraversare una Francia occupata dai nazisti per sfuggire dalle crescenti persecuzioni.

Gli eventi narrati nella pellicola di Duguay sono realmente accaduti, una storia che non solo esplora le atrocità della guerra, ma celebra anche il coraggio e il legame indissolubile di una famiglia costretta a dividersi.

La storia vera vissuta da Joseph Joffo

Joseph Joffo, figlio di un parrucchiere e di una violinista e ultimo di sette figli, viveva a Parigi, quando nel 1940 arrivarono i tedeschi. Con l’occupazione nazista e l’introduzione delle leggi razziali, essere ebrei divenne pericoloso.

Fu il padre, Roman Joffo, consapevole del rischio crescente di deportazione, che prese la dolorosa decisione di fuggire separati, una soluzione che offriva una maggiore chance di non essere catturati dai nazisti.

Joseph (10 anni) e  suo fratello maggiore Maurice (12 anni) intrapresero un lungo viaggio verso la Zone Libre (Zona Libera, situata a sud della Francia che rappresentava un’area di relativa autonomia francese), dove li attendevano i loro fratelli maggiori, Albert e Henri.

Attraversarono paesi e città, sfuggirono ai controlli nazisti, e trovarono sia crudeltà che solidarietà lungo il cammino. Ogni passo era un rischio: un errore poteva infatti costare loro la vita.

Fu solo con la fine della guerra e la liberazione di Parigi, che la famiglia Joffo riuscì finalmente a riunirsi e riprendere la propria vita pacificamente, ma sempre con il ricordo di quella drammatica esperienza che non si sarebbe mai cancellata.

Un’infanzia rubata

Il titolo Un sacchetto di biglie evoca simbolicamente l’infanzia e l’innocenza di Joseph all’inizio della storia. La biglia era infatti un oggetto prezioso per Joseph e Maurice, un regalo ricevuto dal padre prima del loro viaggio. Quelle biglie divennero un ricordo del legame familiare e di ciò che fu loro strappato via dalla guerra.

Joseph e Maurice, come tanti altri bambini, dovettero crescere in fretta, imparando a mentire per sopravvivere, a diffidare degli altri e a prendere decisioni da adulti. L’esperienza della fuga segnò profondamente Joseph, ma non spense la sua speranza e il suo desiderio di vivere.

Un’eredità indimenticabile

Un sacchetto di biglie ha avuto un’altra trasposizione cinematografica nel 1975, oltre alla versione del 2017. Entrambe le pellicole rendono giustizia al potente messaggio del libro, che è stato tradotto in ben 18 lingue e adattato anche in pubblicazioni a fumetti.

È considerato uno dei migliori strumenti per sensibilizzare i più giovani al tema dell’Olocausto, permettendo loro di avvicinarsi a una delle tragedie più devastanti della storia con una narrazione empatica e comprensibile.

La vera forza di questa storia sta nel suo messaggio universale: anche nei momenti più bui, l’umanità può prevalere. Nonostante le atrocità, la solidarietà tra le persone comuni può fare la differenza, e l’amore e la speranza possono sopravvivere anche in mezzo al terrore. La famiglia Joffo, distrutta dalla guerra, riesce a ritrovarsi grazie alla loro incredibile forza di volontà e alla loro determinazione.

Un sacchetto di biglie, sia nel romanzo che nel film, rimane un’opera straordinaria che ci ricorda il prezzo della guerra e la capacità dell’uomo di resistere e di amare nonostante tutto. È una storia che ci invita a riflettere sul valore della memoria e sulla necessità di non dimenticare mai le atrocità del passato, oggi più che mai.

Qui per il trailer del film Un sacchetto di biglie (2017).